
I limiti delle Nazioni Unite nascono dal suo irrealizzabile ideale costituente: un governo planetario che garantisse una pace universale. Da quando è stata creata, 80anni fa, l’Organizzazione dalle così alte ambizioni ha dovuto invece adeguarsi a quattro mutamenti dello scenario internazionale: la fine della Seconda Guerra Mondiale, la Guerra Fredda, il dopo-Guerra Fredda e il caotico multilateralismo di oggi.
Fu tuttavia una prova di lungimiranza il primo passo verso la creazione dell’Onu, compiuto a Washington dai 26 alleati in guerra contro le potenze dell’Asse. Nel 1942 il nazi-fascismo era all’attacco. Firmando la Carta Atlantica e impegnandosi a non fare paci separate con Hitler e Mussolini, le democrazie stabilivano che contro quella barbarie non c’era alternativa alla vittoria.
L’anno dopo a Quebec gli alleati decisero di creare “un’organizzazione internazionale basata su un principio di uguale sovranità fra tutte le nazioni”. Nel luglio del ’45 si allargarono a 50 i paesi riuniti a San Francisco. Il 24 ottobre si riunirono di nuovo per avviare formalmente i lavori dell’Onu e stabilire che New York sarebbe stata la sua sede.
A dire il vero l’Organizzazione votata alla pace doveva essere un’alleanza militare. Stati Uniti, Gran Bretagna, Cina e Unione Sovietica, sarebbero stati “i quattro poliziotti” a protezione della pace. La Guerra Fredda avrebbe vanificato l’idea, piuttosto ridicola se guardata dai nostri tempi.
Osservarla e giudicarla col senno di poi è sempre stata la grande debolezza dell’Onu, nata per costruire un futuro di pace e invece inghiottita come arbitro spesso impotente nei mille conflitti del mondo. Ma i vincitori della guerra che volevano creare un ordine internazionale di pace permanente, non usarono solo i soliti strumenti della diplomazia. Con un atto quasi rivoluzionario dotarono l’Onu di agenzie: per cooperare anche in salute pubblica, educazione, giustizia, agricoltura, lotta alla povertà.
Forse il più creativo dei segretari generali fu lo svedese Dag Hammarskjold, dal 1953 al ’61. Morì in un incidente aereo – forse un attentato – mentre conduceva una missione di pace nel Congo. Hammarskjold diede avvio alla “diplomazia preventiva” che avrebbe impedito l’escalation di molti conflitti; e creò i Caschi Blu, il corpo d’interposizione e peace keeping.
Sono poche altre le riforme realizzate per adeguare l’Onu al mutare dei tempi. I cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, gli unici che possono porre il veto alle risoluzioni – in un certo senso le leggi dell’Onu – rispecchiano ancora il mondo del 1945: Usa, Cina, Russia, Gran Bretagna e Francia. Il suo rinnovamento continua ad essere una delle riforme politiche più irrealizzabili del mondo.
Dall’anno scorso l’Onu è tuttavia impegnata in una revisione e riduzione delle spese. Il bilancio di 3,2 miliardi di dollari stabilito per il 2026 prevede un taglio del 15,1% delle risorse e del 18,8 dei 35mila dipendenti dell’Organizzazione. E’ prevedibile che i tagli proseguano anche nei prossimi anni.
Nel 1967 la risoluzione 242, approvata dal Consiglio di Sicurezza, imponeva agli israeliani il ritiro dai territori occupati dopo la guerra dei Sei giorni (il testo in inglese diceva “da territori”, la versione francese “dai territori”). Una seconda risoluzione identica fu approvata dopo la guerra del Kippur del 1973. L’ultima risoluzione in ordine di tempo, approvata il 14 luglio scorso è la 2786. Riguarda il cessate il fuoco a Hodeidah, Yemen: 2544 risoluzioni più tardi, Israele continua ad occupare i territori palestinesi. Non è l’unico caso nel quale le decisioni Onu sono state ignorate e i conflitti irrisolti.
Oggi sembra ancora più difficile che questo possa cambiare. La nostra stagione geopolitica è la più confusa: tre superpotenze aggressive, molte potenze regionali ambiziose. Il “governo del mondo” deve competere con una pletora di organizzazioni regionali e multilaterali dagli obiettivi più limitati ma raggiungibili: Ue, Lega Araba, Nato, G7, G20, G30, G77, Ocse.
Tuttavia l’Onu continua ad essere l’unico mediatore di quei conflitti minori ma devastanti, lasciati fuori dal cono di luce della grande diplomazia e dell’informazione. Il Palazzo di Vetro resta ancora il luogo dove molti paesi continuano a incontrarsi e parlarsi. Per quanto non porti bene i suoi 80 anni, un mondo senza le Nazioni Unite resta impensabile.