Guerra in Medio Oriente, anno II

(La vignetta è stata pubblicata su The Economist del 5ottobre 2024)

E’ una ferita profonda e perennemente sanguinante quella che ogni israeliano porta con sè da un anno. Nella storia di questo paese, dalla sua fondazione, mai erano morti tanti israeliani in un giorno solo; mai così tanti erano diventati ostaggi. Uno dei principi strategici di questo piccolo ma super-armato paese, era combattere le guerre in territorio nemico, mai nel proprio. Il 7 Ottobre Hamas aveva violato questo caposaldo, dando al paese un inaspettato senso di fragilità.

Ma per gli israeliani il 7 Ottobre non ha a che vedere solo con la sicurezza nazionale. Oltre che collettiva, la ferità è individuale. L’attacco di Hamas è stato l’equivalente dell’11 Settembre americano: con un numero di vittime di gran lunga superiore, se proporzionate alla demografia dei due paesi. Per gli ebrei, la grande maggioranza dei quali, ormai, non ha vissuto la Shoah, il 7 Ottobre è diventato “l’Olocausto d’Israele”.

Così profondo è l’effetto di quel giorno da aver bloccato anche la memoria della grande maggioranza degli israeliani. Esiste il 7 d’Ottobre: dall’8 di quel mese in poi, mese dopo mese fino ad arrivare al primo anniversario, gli israeliani e le comunità ebraiche della diaspora continuano a ricordare solo il terribile massacro di sabato 7 ottobre 2023. Non quello che Israele ha fatto dopo, sia per riaffermare una necessaria sicurezza nazionale che per pura vendetta.

E’ lo stesso stato d’animo degli americani dopo l’11 Settembre. Il black-out morale fu su scala nazionale; per un po’ anche la stampa americana perse il suo tradizionale equilibrio. E quando il Congresso approvò l’invasione dell’Iraq, l’autorizzazione all’ “uso della forza” passò per 296 voti contro 133.

Forse succederebbe a tutti i paesi aggrediti quello che sta accadendo a Israele: ignorare i 40mila morti di Gaza in maggioranza civili, la metodica distruzione della striscia; la continua occupazione dei territori occupati ora diventata più brutale; la convinzione che per uccidere un terrorista sia legittimo assassinare 10, 30, cento e più civili; la vendetta senza frontiere fino al Libano, la Siria, l’Iran. Il diritto ad avere giustizia trasformato in una guerra regionale.

Lo aveva detto Joe Biden, venuto in Israele subito dopo il 7 Ottobre, come tutti i leader occidentali, per manifestare solidarietà: “Non commettete i nostri errori dopo l’11 Settembre”. Benjamin Netanyahu, il suo governo e la gran parte degli israeliani li hanno fatti tutti: metodicamente, continuando ad essere certi di averne il diritto.

Qualche giorno fa a Tel Aviv un’amica che aveva sempre votato laburista, constatava stupita: “Incredibile come i palestinesi ci odino”. Perché dovrebbero amare gli israeliani che dal 1967 occupano quello che resta dei loro territori? Perché non riconoscere che Yahya Sinwar e ciò che ha fatto il 7 Ottobre sono il frutto malato e perverso di 57 anni di occupazione?

Il mondo intero, anche quando americani, cinesi e russi la pensano diversamente su tutto il resto, è unanimemente convinto che questo conflitto senza fine ne possa avere una sola: un compromesso fra israeliani e palestinesi. Tutti, in ogni angolo del mondo ne sono convinti, tranne gli israeliani: oltre ad Hamas, Hezbollah e regime iraniano i quali pensano come gli israeliani che debba esserci un solo stato, nel loro caso la Palestina.

Questa ostinazione, la brutalità dell’invasione di Gaza, la sistematica violazione del diritto internazionale hanno isolato Israele come mai nella sua storia contemporanea. Tuttavia le critiche internazionali non stanno spingendo israeliani e comunità ebraiche a una riflessione ma a pensare che siano solo un rigurgito globale di razzismo. Per Netanyahu le Nazioni Unite non sono che “una palude di antisemitismo”.

L’anti-ebraismo è un male inestirpabile come il cancro e la droga. Ma cosa ne sanno di antisemitismo – un morbo occidentale – gli indios andini della Bolivia, gli indonesiani e i coreani, i cui governi votano contro Israele per i suoi comportamenti a Gaza, non per la sua religione? Continuando la guerra e la negazione dei diritti palestinesi, l’isolamento non riguarda solo Israele ma sempre più Stati Uniti ed Europa. Al Sud Globale chiediamo di boicottare la Russia per l’attacco all’Ucraina ma continuiamo ad armare Israele: per loro, la maggioranza della popolazione mondiale, è un incomprensibile doppio standard che mette in discussione la nostra credibilità. Anche in Occidente la prossima generazione di elettori e di leader politici potrebbe non essere più così accondiscendente con Israele.

 

  • carl |

    @habsb
    Beh, un qualche aumento dell’istruzione, ecc. (ma non capillarmente, nè sufficientemente organizzato e diffuso, in un mondo che ha raggiunto gli 8000 milioni di persone) qualche risultato positivo l’ha avuto. Ma è chiaro che non è sufficiente per poter dire che viviamo, o che stiamo avviandoci verso il “migliore dei mondi possibili”.. In quello attuale
    sono sopratutto i ricchi e gli abbienti di turno che, almeno per certi versi, se la spassano ma anche le loro soddisfazioni e sazietà di cibo, ecc. potrebbero improvvisamente scemare e venir meno e proprio per via dell’esistenza, moltiplicazione, ecc. delle problematiche in essere & divenire e, non ultimo, degli arsenali atomici & termo-nucleari che Lei cita..
    Ma i ricchi, e cioè i più interessati, risolveranno i problemi ed eviteranno che si arrivi ad usarli? Mi viene in mente il motto latino stampato su una banconota risalente alla guerra di indipendenza americana: “Exitus in dubio est”..
    D’altronde, i “challenges” insiti nell’attuale situazione mi appaiono equivalere e/o essere paragonabili alla somma di tutte e sette le mitiche fatiche di Ercole.. Ma, purtroppo, temo che nemmeno lui saprebbe da dove cominciare, vista la complessità dell’attuale, intricata ed interattiva, realtà economica, demografica, geo-politica, migratoria, ambiental-climatica ecc ecc
    Quanto al fenomeno religioso esso può apparire per lo più ridotto a forme, rituali, cerimonie, discorsi, ecc. e pure incomprensibili ai più.. Mentre va da sè che dei diseredati, derelitti, ecc. ne apprezzino le attività assistenziali di cui, eventualmente, giungano a fruire sia fuori che all’interno delle numerose “jungle” urbane esistenti.. Insomma, ha finito per esserci molto in comune tra politica e fenomeno religioso il quale, per tanti versi e cause, ha fatto la fine della politica, suddividendosi anch’esso in svariate forme spesso morbose e tutte caratterizzate da elevati tassi di corruzione, insipienza, autoreferenzialità, menzogna, manipolazione, pubblicità, demagogia… Il che è indubbiamente umano, molto umano…

  • habsb |

    sig. Carl

    mi fa piacere che comincia a fare breccia il Lei l’idea che l’istruzione e la formazione non rendono gli uomini più pacifici o tolleranti.
    Li rendono più efficaci certamente, il che è un bene perchè bisogna pur produrre per vivere.
    Ma guerre e massacri sono sempre di attualità, e sono spesso decise e condotte da persone estremamente istruite.
    Cosa puo’ rendere gli uomini pacifici e tolleranti ? Si potrebbe pensare alla religione, ma mille anni (e più) di guerre di religione, dalle Crociate, all’Ancien Régime europeo, al Medioriente attuale mostrano che le religioni sono invece spesso usate per lanciare e giustificare i peggiori massacri.
    La sola cosa che ha funzionato bene sono le armi nucleari, contro cui è difficile difendersi.
    Se dal Rinascimento in qua la Francia ha invaso Italia e Germania regolarmente ogni secolo, e poi nel Novecento è stato il turno della Germania a passare Reno e Alpi, va detto che dal 1945 conosciamo quasi un secolo di pace, qui in Europa occidentale.
    Se Libano e Palestina avessero armi nucleari, Israele accetterebbe più facilmente dei negoziati di pace, non crede ?

  • carl |

    @habsb
    Non so, nè mi cale gran che se i personaggi da Lei citati abbiano frequentato il MIT, Harvard, ecc. Tuttavia, se “Slownews” fosse un blog focalizzato sulla psiche, mente, coscienza, ecc. umana, il Suo intervento sicuramente avrebbe rappresentato un sasso nello stagno e alimentato un folto dibattito..:o) Ma la geo-politica tocca soltanto di striscio o sfuggita l’umana interiorità sulla quale, come Lei ben sa, c’è tutt’altro che unanimità di vedute, anche solo basilarmente…
    Con tutta franchezza Le dirò che non credo che riuscire al MIT, a Harvard, alla Normale, a questo o quel Politecnico e via dicendo renda automaticamente più umani, nel senso positivo del termine. Certo, più aiutare ma un MBA, un post-doc, ecc non garantiscono automaticamente gran chè se non in questo e/o quell’ambito sociale, lavorativo, remunerativo e, a volte, nell’ambito della ricerca. Insomma, rimane più che evidente e concreto il divario esistente tra, da una parte, il livello etico/morale medio della specie umana e, dall’altra, l’aumento della conoscenza nelle sue varie branche e le tante applicazioni tecniche/tecnologiche che ne sono derivate e continuano a derivarne e che, spesso, comportano un lato assai oscuro, e/o che comunque si presta a divenirlo e ad essere usato come tale.. Ed è questo trend che da tempo non pochi pensatori seri trovano preoccupante.
    Comunque sia e vada, ciò cui mi riferivo non era la necessità o l’auspicio che tutti, e cioè “élites” e cittadinanze e corpi elettorali, raggiungano un Master, un dottorato o un post doc, ma piuttosto almeno una relativamente buona ed il più completa possibile formazione di base, che includesse anche le materie “umanistiche” e non solo quelle scientifiche, o “STEM” che dir si voglia.

  • habsb |

    Sig. Carl
    “E cioè una più che evidente carenza di un positivo, costruttivo e “maturativo” livello di istruzione, sia ai vertici che alla base dell’umana piramide. ”

    ne abbiamo già discusso, ma non è certo il livello di istruzione il problema.
    Netanyahou si è laureato al MIT, tra i primissimi della sua classe;
    Bush figlio ha un MBA di Harvard

  • carl |

    Personalmente vedo un grave problema di fondo di natura “culturale”… E cioè una più che evidente carenza di un positivo, costruttivo e “maturativo” livello di istruzione, sia ai vertici che alla base dell’umana piramide. Il che fa sì che brilli per la sua assenza sia un pur minimo livello di equilibrio mentale, intellettivo, umano, ecc. delle cittadinanze, che una politica degna di questo nome anche nell’occidente democratico e di mercato.. Un occidente ove, da una parte, regna e governa il consumismo, mentre in politica spesso e facilmente predomina la cosiddetta demagogia nelle sue varie forme e mascheramenti..
    Nel concludere, va purtroppo notato che scoppiato un conflitto armato e superato un certo limite di morti ammazzati, sia direttamente che collateralmente (inclusi donne, uomini, vecchi o bambini) si può cadere in una sorta di assuefazione, indifferenza, abitudinarietà e così pure in una differente valutazione a seconda che le vittime appartengano ad una o all’altra parte. E, purtroppo, nel conflitto mediorientale della succitata assuefazione hanno finito per essere oggetto anche gli ostaggi prigionieri…
    Concludo ribadendo sia la validità che l’inevitabilità (tecnica) del concetto di “saturazione” dei sistemi antimissilistici.. E nel riferirmi a quello ebraico, andrebbero debitamente considerati gli effetti demoralizzanti che causerebbero le vittime civili dei missili che sfuggissero alle intercettazioni. Ma il fatto è che, così come in questo nostro tempo (cioè in ritardo..)si arrivati alla “scoperta” del fenomeno dell’overmigration, dell’overtourism, dell’overpollution, ecc. è possibile che si arrivino a scoprire in ritardo anche gli effetti dell’overlaunching di razzi/missili…

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