In un curioso mondo nel quale il presidente degli Stati Uniti è un sostenitore della Russia di Putin, la Repubblica Popolare Cinese è il grande protettore della globalizzazione e i sauditi accusano un loro vicino di estremismo religioso, accade anche questo.
Nel suo crescente delirio xenofobico il governo di Viktor Orbàn decide di prendere di mira George Soros. Il miliardario americano, stratega spesso cinico della finanza, forse per redimersi, con le sue Open Society Foundations sponsorizza da anni lo sviluppo dell’educazione, dei valori democratici e del pluralismo. Sono queste iniziative e le critiche di Soros contro il razzismo che il governo ungherese non sopporta.
Così Orbàn e il suo esecutivo promuovono una campagna contro le Ong che non siano di destra, e finanziate dall’estero. L’obiettivo è chiudere la Central European University aperta dal miliardario americano a Budapest: un centro di sapere cosmopolita in un paese moralmente sempre più autarchico (con i nostri soldi europei) e dalle forti tradizioni fasciste.
Soros è americano ma è nato in Ungheria. Ed è anche ebreo, nel 1944 sfuggì per poco all’Olocausto. E’ per questo che la campagna del governo e degli altri movimenti xenofobi come Jobbik, con un pedigree antisemita di tutto rilievo, si concentra sulle origini di Soros.
La comunità ebraica ungherese protesta. E Yossi Amrani, ambasciatore d’Israele a Budapest, chiede a Orbàn di far rimuovere i manifesti razzisti contro Soros. “La campagna non solo evoca tristi ricordi – scrive – ma semina odio e paura”. Se non lo Stato ebraico che rivendica lo status di “Nazione degli Ebrei”, chi altro dovrebbe sostenere Soros?
Colpo di scena: e qui arriviamo all’ultima anomalia di questo mondo curioso. Su indicazione del governo di Gerusalemme, il ministero degli Esteri rimprovera Amrani e chiarisce: “In nessun modo la dichiarazione (dell’ambasciatore, n.d.r.) intendeva delegittimare le critiche a George Soros, che continuamente mina i governi israeliani eletti democraticamente, finanziando organizzazioni che diffamano lo Stato ebraico e cercano di negare il suo diritto a difendersi”.
Ciò che conta è che Soros con le sue idee sia un nemico comune dell’Ungheria e di Israele il cui governo è criticato dal finanziere per l’occupazione del Territori. Conta che pochi giorni dopo il comunicato dell’ambasciatore Amrani, Bibi Netanyahu dovesse andare in visita in Ungheria. Quello che sembra non contare affatto è l’antisemitismo del quale è intrisa la vicenda Soros-Ungheria. Nel timore di perdere consensi contro Naftali Bennet, alleato e concorrente nella corsa verso l’estrema destra, lo storico partito del Likud costruisce una nuova definizione di “Nazione degli ebrei”, nella quale la nazione è l’obiettivo e l’ebraismo solo il mezzo.
Questo governo israeliano e l’ungherese sono due casi sempre più evidenti di sovranismo al potere. Il pilastro ideologico del sovranismo è la xenofibia della quale antisemitismo è un sinonimo. Come nell’età più tragica dell’Europa, il nemico è il cosmopolitismo che Soros rappresenta e che ha fatto degli ebrei la parte migliore della popolazione europea. Per questo l’iper-nazionalismo di Hitler si scatenò contro di loro: la capacità degli ebrei di essere cittadini del mondo, anticipava i valori dell’Unione continentale di oggi.
Quando Netanyahu è arrivato a Budapest, Orbàn ha fatto togliere i manifesti antisemiti e ha dichiarato che negli anni Trenta e Quaranta l’Ungheria avrebbe dovuto proteggere gli ebrei e non aiutare i nazisti a eliminarli. Parole. Per essere credibile avrebbe potuto condannare esplicitamente Jobbik che è il terzo partito nel parlamento ungherese.
Chi critica le politiche di Israele spesso viene chiamato antisemita. A volte è capitato anche a me. Fatico a far convivere quest’accusa infamante con la mia esperienza personale in Israele, ma ho dovuto abituarmici. Il primo a farmi capire il significato di antisemitismo fu 42 anni fa Sergio Della Pergola, il grande demografo dell’Università Ebraica di Gerusalemme (anche se lui sostiene che continuo a non capire). Ma io sono un goy.
Per gli ebrei che criticano le politiche d’Israele, è stata coniata la definizione di “ebrei che odiano gli ebrei”. Uno di questi è il mio amico Giorgio Gomel, cofondatore di Jcall, il movimento che sostiene un ebraismo moderno e democratico, la trattativa di pace e il diritto palestinese ad avere uno stato, salvaguardando quello d’Israele alla sicurezza.
Nonostante la vicenda Soros, non riesco a trovare alcuna soddisfazione nel rilevare forme di xenofobia/antisemitismo in alcuni comportamenti del governo Netanyahu. Né nel constatare che leggi liberticide contro le Ong sono in vigore o in via di approvazione in quattro paesi: Russia, Ungheria, Egitto e Israele. Non contento di quello che già la Knesset vuole far passare, il deputato Miki Zohar del Likud ha proposto una “Legge Soros”: chiunque faccia donazioni a “organizzazioni anti-israeliane” deve essere escluso dal paese. Chi sono veramente gli anti-israeliani oggi, e come si attribuisce questa definizione?