Romano Prodi sostiene che Helmut Kohl era un negoziatore tenace. Ma se riusciva a raggiungere i suoi obiettivi era perché capiva le difficoltà dell’avversario col quale cercava sempre di raggiungere un compromesso. Quanto stona la gravitas del cancelliere scomparso con i grotteschi comportamenti di Donald Trump: io so’ io e voi non siete che disaster, per parafrasare il Marchese del Grillo
Mi ero ripromesso di non scrivere del presidente degli Stati Uniti per qualche tempo. Continuare a parlarne mi sembrava un’ostinata esagerazione. Avevo anche incominciato a chiedermi se fosse giusto, se spernacchiare Potus, il nome in codice dato dai servizi al presidente, non fosse ormai un esercizio banale: lo farei se Trump fosse un democratico? (Sono un sostenitore dei Democrats abroad, l’organizzazione dei democratici americani all’estero); è possibile che non faccia mai qualcosa di utile all’America e al mondo? In fondo lo hanno scelto gli elettori: sia pure cadendo nel tranello delle sue bugie grossolane e del lavoro di disinformazione dei blogger russi sotto la regia del Cremlino, come sembra sempre più evidente.
Eppure non c’è dibattito al quale partecipo, dove il moderatore non proponga senza temere di andare fuori tema, di parlare dell’”effetto Trump” su questa o quella questione. Prima di far partire il trapano, l’altro giorno il mio dentista mi ha chiesto quando Trump darà le dimissioni. Così il cardiologo mentre mi sottoponeva alla prova da sforzo: “per chi lavora Donald Trump?”. La domanda della mia portiera è stata più diretta: “Quello lì col riporto farà scoppiare una guerra?”.
Per cercare di capire i comportamenti di quell’uomo improvvisamente incastonatosi nel sistema politico globale, suscitando l’interesse quasi morboso dell’opinione pubblica, il Financial Times la mette così: “Il suo atteggiamento verso gli obblighi e le norme che definiscono la carica presidenziale, si colloca da qualche parte fra l’ignoranza e l’indifferenza”.
Helmut Kohl fu costretto a lasciare il cancellierato a causa di uno scandalo: più o meno come nella nostra prima repubblica, i cristiano-democratici si finanziavano con le mazzette. Questo non esclude la sua grandezza storica: la continuazione dell’Ostpolitik di Willy Brandt, l’impulso all’Unione europea, la riunificazione tedesca. La sua passeggiata accanto a François Mitterrand al cimitero di guerra di Verdun, ha segnato la Storia, chiudendone una pagina tragica per aprirne una di nuove certezze sul futuro.
Donald Trump ancora non ha esibito la sua dichiarazione dei redditi; la sua catena di resort sta moltiplicando le entrate per un effetto pubblicità presidenziale che assomiglia sempre di più a interesse privato in atto pubblico; i suoi interessi economici con Mosca stanno definendo i contorni del Russiagate. Questo presidente che ignora o si disinteressa degli obblighi costituzionali dell’alto ufficio che occupa, potrà mai lasciarci in eredità una pagina aperta su un futuro migliore?
“Oggi cancello l’accordo firmato da Barack Obama su Cuba”, ha annunciato ieri, riportando il calendario a 55 anni fa. Per spiegare il ritorno alla Guerra fredda, per soddisfare un partito repubblicano sempre più reazionario e una lobby cubana ormai più gerontocratica dello stesso regime all’Avana, Trump ha usato il solito armamentario: “Regime brutale”, “elezioni libere”, “abusi sul fronte dei diritti umani”.
Non risulta che tutto questo sia stato menzionato nei recenti accordi con l’Arabia Saudita alla quale gli Stati Uniti venderanno armi per cento miliardi di dollari. Né Trump ha accennato alla brutalità repressiva del regime egiziano, mentre si complimentava con Abdel Fattah al-Sisi. E vi risulta che abbia twittato qualcosa sull’arresto di Aleksej Navalnyi e centinaia di oppositori di Putin? Deve essermi sfuggito.
Prima di rimettere in riga i vecchi comunisti cubani, Trump era corso al capezzale di Steve Scalise, ferito gravemente da uno squilibrato, mentre giocava a baseball. Con tutta la solidarietà che si deve mostrare per una vittima dell’indiscriminata diffusione delle armi da fuoco negli Stati Uniti, date un’occhiata al sito del deputato repubblicano della Luisiana, Scalise.house.gov. “Un forte sostenitore del Secondo Emendamento, Scalise ha sponsorizzato e co-sponsorizzato la legislazione che protegge il diritto dei cittadini di detenere e portare armi da fuoco (compresi i conclamati malati mentali, n.d.r.). “Per il suo comportamento pro-armi – prosegue il sito – il congressman Scalise ha guadagnato un giudizio A+ dalla National Rifle Association”. Farsi sparare da uno psicopatico armato, in nome dei propri principi: questo si che è difendere la democrazia.