DAMASCO – Con un tempismo che suscita qualche sospetto dall’una e dall’altra parte, le Nazioni Unite hanno ripreso a Ginevra le trattative di pace lo stesso giorno in cui Bashar Assad organizzava in Siria le elezioni del suo parlamento. Le prime segnalavano che il voto non è in linea col negoziato: al contrario, è un ostacolo. Il secondo che sarà un’altra tornata di duro negoziato.
“Sono qui a Damasco perché è necessario e utile preparare bene gli incontri di Ginevra”, mi spiegava Staffan de Mistura, il responsabile Onu della trattativa internazionale, alla fine di due giorni di colloqui qui a Damasco, prima della ripresa del negoziato sulla road map siriana a Ginevra. “E’ importante che il governo siriano se ne renda conto: cosa che credo stia facendo”.
Qual è l’obiettivo di questa fase del negoziato?
Gli incontri di Ginevra devono essere seri e concreti perché sono strettamente collegati, incollati vorrei dire, nel garantire la sostenibilità della tregua e con quest’ultima a permettere l’aumento degli aiuti umanitari. Le tre cose vanno insieme.
La tregua è in pericolo?
La tregua è fragile ma sta tenendo. Per me era importante che il governo fosse consapevole dell’importanza di questa nuova tornata d’incontri a Ginevra. Non sono incontri generici: sono e devono essere concreti.
Dopo un mese di paralisi, domenica scorsa il Programma alimentare mondiale dell’Onu ha ripreso a lanciare gli aiuti umanitari sulla città di Deir Azzor, nell’estremo Est del paese. E’ un buon segno.
E’ molto importante. E’ stata un’operazione rivoluzionaria sul piano tecnico: hanno lanciato 20mila tonnellate di aiuti da un’altezza di 4mila metri. E’ stato un messaggio anche politico: i 220mila abitanti sotto il controllo governativo sono assediati dal nemico comune, l’Isis. L’Onu aiuta tutti i siriani, ovunque siano. Confido che ciò avvenga anche altrove. (Dove sono le sue truppe che assediano, il governo siriano è molto restio a concedere il permesso di aiutare la popolazione sotto assedio, n.d.r.)
Ed è stata un’operazione multinazionale con russi e americani, insieme da protagonisti.
E’ stata organizzata dal Pam, ma finanziata dagli Stati Uniti con il contributo di italiani, olandesi e canadesi. I paracadute erano americani, pallet e piloti erano russi. E’ esattamente quello che l’Onu deve fare quando si rimbocca le maniche”.
La collaborazione anche diplomatica fra Usa e Russia sta diventando sempre più intensa sulla questione siriana: sul Mar Baltico e in Ucraina si continua a respirare aria da Guerra fredda, qui invece sembra quasi ci sia un disegno finale comune. Gli americani moderando le aspettative dei ribelli siriani e dei paesi arabi alleati; i russi spingendo i governativi ad affrontare con più pragmatismo la conferenza di Ginevra. Per questo le elezioni parlamentari che Bashar Assad ha convocato per oggi, hanno indispettito e sorpreso avversari e amici. Fra gli 11.500 candidati ci sono volti rappresentativi della società siriana e dell’opposizione al regime. Ma in sostanza sembra un’operazione politica destinata più a creare problemi alla trattativa di Ginevra che a promuovere il pluralismo siriano.
Con le elezioni Assad tenta di rafforzare la sua posizione istituzionale. Uno dei punti essenziali della road map in discussione a Ginevra è la modifica della Costituzione: ridurre i poteri del presidente, aumentare quelli del parlamento, ruolo delle forze armate e dei servizi di sicurezza. Anche se il processo di pace prevede comunque nuove elezioni, Bashar Assad si garantisce un nuovo parlamento sicuramente a lui fedele. Il risultato – e forse il vero obiettivo – è però di complicare questa tornata del negoziato di Ginevra.
Nonostante la tregua stia tenendo oltre le aspettative, e stia garantendo una calma che non c’era da quattro anni, in entrambi i campi siriani il partito della guerra continua a resistere attivamente. Nel governo di Damasco c’è chi, dopo i successi militari garantiti dall’aiuto russo e iraniano, pensa ancora di poter riconquistare tutta la Siria. E nell’opposizione chi è convinto sia sbagliato trattare con un nemico ora in posizione di forza: vorrebbero continuare a resistere, nell’attesa che il prossimo presidente degli Stati Uniti mandi in Siria i Marines.
Ad Aleppo, controllata solo al 40% dai governativi, è imminente un’offensiva dell’esercito di Assad che metterebbe a serio rischio la tregua. Aleppo, infatti, non è come Deir Azzor, interamente controllata dall’Isis: dall’altra parte del fronte, ognuno in una sua zona cittadina, ci sono le opposizioni, i qaidisti di Jabat al Nusra e gli estremisti del califfato.