Adolf Hitler non sapeva cosa fare degli ebrei. In realtà non voleva ucciderli, a lui sarebbe bastato espellerli dalla Germania, magari dall’intera Europa. In fondo i suoi lo avevano sempre detto: il Furher è severo ma giusto. Poi nella Berlino sotto i bombardamenti del 1944, è arrivato Haj Amin al-Husseini, il Gran Muftì di Gerusalemme, la massima autorità religiosa e politica in Palestina, lui si un vero nazista. Hitler gli ha chiesto un parere e senza esitare al-Husseini gli ha risposto: “Bruciali tutti”. Così fu l’Olocausto.
Se fossi io l’autore di questa bella descrizione storica, l’editore e il direttore del Sole-24 Ore mi licenzierebbero. Non potrei dar loro torto. E la gran parte di voi, lettori di questo blog, mi coprireste d’insulti. Non ricordo se la legge è passata ma probabilmente verrei anche denunciato per negazionismo. L’autore, il negazionista, è Benjamin Netanyahu, primo ministro in carica di Medinat Yisrael, lo Stato d’Israele, eletto quattro volte a quella carica.
Cosa si può dire di un primo ministro che anziché confrontarsi, scontrarsi ed eventualmente negoziare una pace con l’avversario, lo trasforma in un problema psicanalitico? Perché è una nevrosi palestinese, non più una questione politica, militare o di sicurezza, quella di Bibi Netanyahu e della destra estrema al governo.
Il giorno prima, davanti a un Ban Ki-moon costernato, il premier israeliano aveva detto che il problema di questa nuova rivolta giovanile palestinese non sono le colonie ebraiche dei territori occupati né la strisciante annessione israeliana della parte araba di Gerusalemme, ma la volontà dei palestinesi di distruggere Israele. E Abu Mazen è il primo a voler eliminare lo stato ebraico e a pensarla come Isis e al Qaida. Qualche anno fa l’allora ministro degli Esteri Silvan Shalom, un falco totale nonostante il cognome, disse al nostro Franco Frattini che Salam Fayyad, ex premier palestinese, era un terrorista. Fayyad era stato imposto alla guida del governo palesinese da Stati Uniti, Unione europea e Fondo Monetario Internazionale.
Il problema ormai più psicanalitico che politico, è che il governo israeliano non può concepire di avere a che fare con una rivolta spontanea. Questo esecutivo nel quale alcuni ministri salgono provocatoriamente sulla spianata del Tempio, istigano gli israeliani a eliminare la popolazione palestinese, vantano di avere ucciso molti arabi, l’occupazione non esiste, nonostante duri ininterrottamente da 48 anni: il 5 giugno 2017 sarà mezzo secolo. Ha bisogno di affibbiare un’etichetta politica che giustifichi la repressione. Hamas non basta, è troppo scontato. Ecco dunque che Abu Mazen è il grande vecchio di questa rivolta. Il presidente dell’Autorità palestinese ha molti difetti ma questo sembra eccessivo. A noi che dubitiamo, ecco che Bibi ci rispiega l’Olocausto, alla faccia del Mein Kampf e soprattutto del minuzioso racconto che Hanna Arendt fece in “La banalità del male”. Se sono stati i palestinesi e non Hitler gli ideatori della Shoah, figuratevi se dietro la mediocrità di Abu Mazen non si nasconde in realtà il Male assoluto.
Il solo riportare per dovere di cronaca la delirante revisione della storia di Bibi, scrivere che Hitler non voleva uccidere gli ebrei, mi ha fatto venire la pelle d’oca. Credo che anche i partecipanti al Congresso sionistico mondiale, a Gerusalemme, sentendo Netanyahu siano rimasti ancora più attoniti di Ban Ki-moon il giorno prima.
Che il Gran Muftì fosse persona malvagia è provato dalla storia; che, potendolo, avrebbe sterminato gli ebrei di Palestina, pure. Un sogno che in senso contrario – l’eliminazione degli arabi – coltivava anche l’Irgun Tzvai Leumi, l’organizzazione ebraica che anche Ben Gurion definiva terroristica, alla quale aderivano Menahem Begin e Yithzak Begin. Ma che un’insignificante personalità religiosa e politica di una insignificante regione nel quadrante strategico della II Guerra mondiale, potesse far cambiare idea a Hitler, è ridicolo. Nemmeno i generali tedeschi dello stato maggiore sono mai riusciti a convincere il fuhrer che le sue idee sui campi di battaglia erano deliranti.
Ma è anche ridicolo starne a discutere e dedicare tempo al Gran Muftì. Deciso a distorcere la storia, Netanhyahu ha insultato per primo il popolo ebraico, ha offeso 70 anni di Memoria tenacemente coltivata dai sopravvissuti affinché mai più si ripetesse quella mostruosità.
Ultima considerazione, irrilevante ma non per me, è del tutto personale. A vent’anni andai come volontario a lavorare in un kibbutz. La ragione principale insieme al desiderio giovanile di avventura, era la mia determinazione di espiare: ero nato dieci anni dopo la fine dell’Olocausto e come europeo e cristiano (noi europei e cristiani siamo i responsabili della Shoah, non i palestinesi), sentivo il bisogno di scusarmi. So che non è importante, ma Netanyahu ha offeso anche la mia piccola storia.