I nostri ragazzi, 10 anni dopo

 

Oggi è il decimo anniversario della strage del Bataclan, a Parigi, compiuta dai terroristi islamici, e della morte di Valeria Solesin. Ripubblico l’articolo uscito sul Sole qualche mese dopo, il 4 Febbraio 2016, quando fu ritrovato il corpo di Giulio Regeni, torturato e ucciso dal regime egiziano del dittatore Abdel Fattah al Sisi. Questo articolo era dedicato ai nostri due ragazzi. Lo è ancora. Ed è dedicato a tutti i giovani che, come loro, vogliono essere cittadini del mondo.

 

Siamo sempre più numerosi noi, genitori di tanti Valeria Solesin e Giulio Regeni. Ed è un bene per l’Italia, anche se a volte, molto raramente, qualcuno dei nostri ragazzi non torna più a casa. Giulio aveva deciso di andare in un luogo più pericoloso, anche se nulla al Cairo giustificava una fine così. Valeria era solo a Parigi, un’ora d’aereo da casa, difficile immaginare una città più europea. Il primo stava andando a incontrare amici, la seconda a sentire musica con amici al Bataclan.

Ma non è questo il punto. Nessun luogo è pericoloso e tutti lo sono, ormai. Ma nessun pericolo può fermare questi giovani, i nostri figli, dal conoscere il mondo, viverci, imparare le lingue, soddisfare una curiosità vorace della quale dobbiamo essere orgogliosi, non spaventati, noi genitori. Ci sono ragazzi che non sono interessati a nulla e ragazzi, i nostri, che vogliono sapere tutto; che coltivano ancora la prerogativa più bella di un giovane: la passione.

Vancouver, Londra, Parigi, Cairo, Città del Capo, Dacca, Buenos Aires, Nairobi, Shanghai. Come Valeria e Giulio, i nostri ragazzi non partono più per necessità – anche se molti cercano lavoro – ma per curiosità. Non fuggono, se ne vanno da casa per scelta, per saperne di più, per essere migliori. Qualcuno ha cercato una definizione: «Generazione Erasmus», ama chiamarli Matteo Renzi. È una buona sintesi perché quel programma inizialmente solo europeo è stato il motore di avviamento di questo processo di globalizzazione reale. Ma ormai è molto di più. È aver chiarito a se stessi che non c’è luogo migliore di quello in cui sei nato e cresciuto, ma che non sei nato solo per capire questo.

Non sempre è facile per i nostri figli raggiungere quello che cercano. E non solo per motivi economici, perché ormai c’è più di un’organizzazione che aiuta le famiglie svantaggiate. Più di un lettore avrà avuto l’esperienza del colloquio col professore liceale contrario all’idea che un suo allievo vada a vivere l’esperienza del quarto anno in una scuola all’estero. «Ma io devo far rispettare il programma», ci sentivamo spesso dire fino a qualche tempo fa, quando molti docenti non conoscevano l’esistenza di una legge al riguardo. Come se un’esperienza in un mondo diverso e lontano non facesse maturare un giovane quanto un programma ministeriale, pur necessario.

Tutti noi genitori ci auguriamo che i figli prima o poi tornino: non tanto a casa in senso stretto, quanto in Italia, a rendere migliore con la loro esperienza questo Paese. Lungo il loro cammino, Valeria e Giulio hanno incontrato chi glielo ha impedito. La cosa peggiore che potremmo fare nel rispetto del loro sacrificio e della loro memoria, sarebbe pensare che il mondo è un luogo pericoloso. Lo è, in effetti. Ma non abbastanza per fermare i nostri figli. 


  • habsb |

    è proprio vero che due Italie coesistono ignorandosi e senza conoscersi e parlarsi
    Per un buon 85% dei genitori italiani la preoccupazione non è certo legata ai pericoli dei viaggi di studio o di piacere all’estero, ma alla speranza che i loro figli trovino un lavoro, che questo lavoro sia in regola, e che non sia legato alla criminalità organizzata, sempre più incontrollabile.

  • carl |

    “È aver chiarito a se stessi che non c’è luogo migliore di quello in cui sei nato e cresciuto, ma che non sei nato solo per capire questo.”
    Partirei da questi due concetti, dando enormemente più importanza al secondo, nel senso che è fondamentale capire che, da una parte, ci troviamo a fare parte di una specie “sui generis” e, dall’altra, che come dicevano secondo copione degli attori di film del filone “western”; “Ci troviamo in territorio indiano..”. E, purtroppo, da giovani non si dà la necessaria importanza nè all’uno, nè all’altro concetto. E, neppure al fatto che le apparenze ingannano, o possono essere ingannevoli.
    Ma un discorso serio, costruttivo e pedagogico sarebbe lungo. E a coloro che crescono, agli adolescenti ed ai giovani auguro di fruire e/o avere fruito di una buona e completa educazione, sia in famiglia che a scuola. E così pure prescriverei, fin dall’adolescenza, sia un giornale che un telegiornale “glocale” al giorno, prima o dopo i pasti…
    p.s. Quanto allo sfortunato G.Regeni, ai suoi genitori direi che ben difficilmente avranno giustizia (che, oltretutto, a ‘sto mondo ne è spesso soltanto un simulacro…). Infatti, va tenuto conto che in ogni nazione “civile”, democratica e quant’altro esistono degli specifici “servizi”
    che dispongono di addetti per i “lavori sporchi”, i quali non solo vengono trattati con i guanti ma che in ogni caso hanno anche diritto all’impunità, perchè ritenuti indispensabili per la sicurezza, sopratutto quella di chi conta e/o incarna il potere di turno.

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