“Cancellato lo stato palestinese”, annuncia il ministro Smotrich dall’alto di una collina della Cisgiordania occupata. Vuole essere l’atto formale, ufficiale, definitivo, biblico del Grande Israele. Al diavolo quello che invoca tutto il resto del mondo, dal Canada all’Australia, passando per Europa e Cina. E’ come chiudersi di nuovo in una fortezza di Masada, con una differenza rispetto a quella assediata dai romani due millenni fa: ora Israele ha un esercito potente e un arsenale nucleare.
Sembra l’ultima grande spacconata del ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, un noto razzista che odia gli arabi come gli antisemiti gli ebrei: con la medesima stupida determinazione. Il governo israeliano ha appena approvato un piano di costruzione d’insediamenti nell’area burocraticamente chiamata E1. Non è cosa da poco: quella zona è strategica, giusto a Est di Gerusalemme, fra la città e il grande insediamento di Ma’ale Adumim. Dal 1967 quel corridoio era sempre stato lasciato libero per consentire una continuità territoriale tra il Nord e il Sud della Cisgiordania occupata. Nell’attesa che, un giorno, si fosse arrivati a uno stato palestinese.
Il piano israeliano prevederebbe anche la costruzione su una collina di proprietà vaticana. Ma Smotrich non ha fatto alcun annuncio storico: sia che un giorno si arrivi a un’indipendenza palestinese o che si realizzi un Grande Israele “dal Mare al fiume” Giordano. Nel primo caso, altamente improbabile, Israele dovrebbe ritirarsi dalla zona E1, qualsiasi cosa costruisca; nel secondo, il graduale processo di annessione territoriale israeliana è in corso da decenni e si sta accelerando sia a Gaza che nel resto della Cisgiordania.
L’eventualità di uno stato palestinese, dunque, non è morta ieri come vorrebbero far credere le tronfie parole di Smotrich. In un certo senso il ministro è più sincero di alcuni suoi colleghi di governo e di molti israeliani. Nel lungo conflitto per la Palestina sono subentrate numerose varianti: quella religiosa, ideologica, nazionale, geopolitica. Ma la sua essenza è territoriale, la lotta per la conquista ed il controllo della terra. Nel 1946 il piano delle Nazioni Unite per la spartizione della Palestina fu respinto dagli arabi. Questo errore storico offrì al sionismo l’opportunità di allargare le sue conquiste territoriali e realizzare, dopo la grande vittoria del 1967, un disegno largamente condiviso dall’opinione pubblica israeliana.
Palesemente o tacitamente, la maggioranza degli israeliani è contraria alla nascita di uno stato palestinese. I sondaggi condotti nel paese penalizzano Bibi Netanyahu ma non con altrettanta chiarezza le sue politiche: la maggioranza degli israeliani vorrebbe porre fine alla guerra di Gaza ma per liberare gli ostaggi, non per ciò che l’esercito sta facendo alla popolazione civile di Gaza. L’eventualità di uno stato palestinese continua ad essere vista come una Palestina governata da Hamas.
In maniera palese, più spesso sfumata, un’indipendenza nazionale palestinese è sempre stata vista come una minaccia. Illuminante fu il caso di Benny Morris, un importante storico israeliano. Frutto di una ricerca monumentale, Morris scrisse un saggio, “Vittime”, per denunciare che nel 1947/48 i palestinesi dovettero subire qualcosa di molto simile a una pulizia etnica. Ma alla fine degli anni ’90 Morris tentò di confutare le prove che lui stesso aveva trovato, affermando che allora gli israeliani avrebbero dovuto realizzare una piena pulizia etnica, cacciando tutti i palestinesi da quella terra.
Anche l’annessione territoriale è quasi sempre stata un’attività senza sosta. Continuò perfino durante gli accordi di pace di Oslo. Nel 1993, quando furono firmati, gli israeliani negarono la richiesta di congelare la costruzione delle colonie nei territori occupati, dove avrebbe dovuto sorgere lo stato palestinese. Nei sette anni successivi, nonostante la trattativa in corso, gli insediamenti aumentarono del 100 per cento.
L’annuncio di Bezalel Smotrich ha dunque poco di storico. Dovrebbe insegnare ai leader europei che riconoscere la Palestina ha una scarsa efficacia senza l’aggiunta di sanzioni economiche e politiche: che senso ha proclamare la nascita di uno stato se non si fa nulla perché esista? E dovrebbe spiegare ai nostri giovani che lo slogan “una Palestina dal mare al fiume” è sbagliato: è la stessa cosa che proclama Smotrich ma a favore d’Israele. Per quanto lo spazio non sia molto, dal Mediterraneo al Giordano dovrebbe esserci posto per due paesi.