80 anni d’incubo nucleare

Non è iniziata il 6 agosto 1945 sopra Hiroshima l’età nucleare dalla quale forse non usciremo mai. La prima atomica esplose il 16 luglio nel deserto di Alamogordo, nel Nuovo Messico. Ma per la Storia è solo un dettaglio. Trinity, quella di luglio, non era che la prova generale del bombardamento di Hiroshima il 6 e poi di Nagasaki il 9 agosto. Al momento dell’esplosione non uccise nessuno se non, col tempo, alcune comunità locali colpite dal fallout nucleare.

Hiroshima e tre giorni dopo Nagasaki, furono l’Armageddon. “Little Boy”, la prima bomba, polverizzò 150mila persone; il 9 “Fat Man” uccise 246mila abitanti della seconda città. Il due di settembre, i giapponesi si arresero: finiva la II Guerra Mondiale, in Asia quattro mesi più tardi che in Europa. Il più catastrofico dei conflitti della storia umana si chiudeva con una catastrofe mai vista prima dagli uomini.

Alla Bomba avrebbero potuto arrivare prima Hitler o Stalin. Lo fecero gli americani del Progetto Manhattan e probabilmente fu un bene, per quanto Hiroshima e Nagasaky avrebbero sollevato questioni morali ancora irrisolte 80 anni più tardi. A spingere l’amministrazione Roosevelt e poi Truman a scegliere l’opzione nucleare era stata la battaglia di Okinawa. Per prendere l’isola gli americani combatterono dall’aprile al giugno, lasciando sul campo più di 80mila uomini. La determinazione nemica fece capire quanto sarebbe stato costoso l’assalto al Giappone. In confronto a Downfall, il piano d’attacco, lo sbarco in Normandia dell’anno prima appariva un’operazione minore: in Giappone sarebbero sbarcati più di due milioni di uomini; il calcolo ufficiale delle perdite era stimato attorno ai 500mila uomini, quello reale tenuto segreto ne calcolava più di un milione.

La potenza mostrata dalla nuova arma fu tale che sarebbe stato illusorio pensare a un uso limitato nel tempo e negli scopi. Il genio era uscito dalla lampada per non ritornarci mai più. Nel 1948 anche i sovietici avrebbero fatto esplodere il loro ordigno, e per anni sarebbe stato legittimo per chiunque averla. Per fermarne la moltiplicazione, nel 1970 quasi tutti i paesi del mondo aderirono all’NPT, il Trattato sulla non-proliferazione nucleare. I firmatari rinunciavano alla bomba in cambio del nucleare civile; le potenze atomiche (Usa Urss, Cina, Francia e Gran Bretagna) promettevano di eliminare progressivamente i loro arsenali. Cinquantacinque anni più tardi e a 80 da Hiroshima, queste ultime hanno meno testate ma più potenti; Israele, India e Pakistan ignorano l’NPT , la Corea del Nord ne è uscita e un’altra decina restano “latenti”: hanno le tecnologie per trasformare rapidamente i programmi civili in militari.

Negli anni Sessanta Robert McNamara, segretario alla Difesa di John Kennedy e Lyndon Johnson, sosteneva che per uccidere un quarto della popolazione sovietica e metà della sua capacità industriale, sarebbero state necessarie 400 testate. L’incessante corsa al riarmo non avrebbe solo prodotto molte migliaia di bombe: le avrebbe rese anche più potenti. Nella prima metà degli anni Ottanta, prima dell’avvento di Mikhail Gorbaciov a Mosca, Stati Uniti e Unione Sovietica possedevano quasi 70mila testate.

Più della resa del Giappone e la fine del secondo conflitto mondiale, è questa l’eredità di Hiroshima. Nulla quanto gli arsenali nucleari hanno definito l’epoca della guerra Fredda. Una volta conclusa, appena ha incominciato ad avere i mezzi economici per farlo, anche la Cina ha iniziato a costruire un arsenale pari a quello americano e russo: la nuova superpotenza non è diversa dalle vecchie.

Piccolo o grande che sia, un arsenale nucleare garantisce la dissuasione necessaria per tenere lontano un nemico. La Libia di Gheddafi ha rinunciato al suo nucleare, Saddam Hussein millantava di averlo: entrambi sono stati attaccati. Continuando l’espansione del suo, il Nord-coreano Kim Jong-il resta al potere.

Una guerra nucleare non può essere vinta da nessuno e dunque non deve essere combattuta” dichiararono Ronald Reagan e Mikhail Gorbaciov, nel loro primo incontro a Ginevra, nel 1985. L’evidenza della riflessione è l’unica difesa da un conflitto atomico. Crescendo in quantità e tecnologia, nessuna delle due grandi potenze nucleari può vincere sull’altra: prima che i missili dell’una arrivino ai bersagli dei nemici, questi ultimi riescono a lanciare i loro. E’ la Mutua distruzione assicurata. L’acronimo inglese è quanto mai appropriato: MAD, pazzo.

Per quanto fosse evidente la constatazione di Reagan e Gorbaciov, la storia dell’età nucleare iniziata a Hiroshima è piena di falle. Nel 1962 solo l’equilibrio di Nikita Chrushev e dei fratelli Kennedy impedì che la Crisi dei missili di Cuba diventasse una guerra nucleare. All’inizio degli anni ’80, la gerontocrazia Sovietica – Breznev, poi Andropov e infine Chernenko, sempre più vecchi e malati – si era convinta che gli americani stessero per attaccare l’Urss.

Oggi la minaccia nucleare resta immutata. Le dichiarazioni di Vladimir Putin e Dmitri Medvedev mantengono il pericolo attuale. Nel 2026 scade il New Start che riduce a 1550 le armi strategiche di Usa e Russia. E’ l’ultimo trattato sulla non-proliferazione ancora in vigore, per la prima volta da decenni non ci sarà alcun controllo. Come quando “Little Boy” cadde su Hiroshima.

 

  • habsb |

    Resto d’avviso che le armi nucleari sono incubo soprattutto per i guerrafondai, politici e industriali che da secoli se non millenni usano le guerre per accrescere il loro potere e le loro ricchezze.
    Dal 1945 l’Europa conosce il più lungo periodo di pace della sua storia millenaria, e non certo grazie a madame von der Leyen.
    Piuttosto salutiamo la misura e l’umanità di un governo russo che pur attaccato, non ha (ancora) sfoderato l’arma nucleare come invece fecero gli USA bombardando Hiroshima e Nagasaki.

  • carl |

    Certo, il fatto che la bomba non sia stata “disinventata”, e cioè messa al bando non consente di poter escludere un conflitto nucleare che, per più motivi (psiche umana, sicumera&pienezza di sè ed altre ed eventuali) rimane purtroppo non solo possibile, ma anche probabile.
    Ai contenuti dell’articolo aggiungerei un paio di considerazioni/precisazioni.
    a) la Cina ha una caratteristica che la rende diversa: la popolazione (che Mao riteneva che le avrebbe consentito di “assorbire” persino un attaccco nucleare…).
    b) quanto al fatto che “..prima. che i missili dell’attaccante arrivino sui bersagli, l’attaccato lancerebbe i propri..”. La Russia ha di recente ricordato l’esistenza del sistema “Perimeter”, che negli USA è definito “dead hand”.. Un sistema che l’A.I. è suscettibile di sinistramente perfezionare.. Per cui, quand’anche il “first strike” neutralizzasse i centri/la filiera di comando in carne ed ossa/le TLC ecc. potrebbe subentrare la struttura di comando informatizzata di riserva…

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