La prima Bomba, ottanta anni fa

  Fu il segretario alla Guerra Harry Stimson a portare a Henry Truman il messaggio arrivato da Alamogordo, Nuovo Messico. “Per la prima volta nella Storia c’è stata un’esplosione nucleare. E che esplosione! Il successo del test è andato oltre le aspettative più ottimistiche”, aveva scritto il generale Leslie Groves, il direttore del progetto Manhattan. Ventuno giorni più tardi una bomba simile sarebbe stata lanciata su Hiroshima.

L’era nucleare non incominciava casualmente quel giorno di 80 anni fa. Truman era a Potsdam, dove era appena iniziata la conferenza che avrebbe fissato il nuovo ordine alla fine della II Guerra Mondiale. Diventato presidente solo tre mesi prima, dopo la morte di Franklin Roosevelt, Truman non aveva esperienza né fascino del predecessore: per molti non era adatto al ruolo e sembrava un interlocutore troppo debole per affrontare Stalin. Il messaggio del generale Groves diede al presidente un potere che nessun altro aveva al tavolo della conferenza: possedeva l’arma definitiva. “E’ un uomo cambiato”, osservò Winston Churchill.

Il test “Trinity” era il passo decisivo e più pericoloso dell’intero progetto Manhattan, il piano ultra-segreto per costruire la bomba atomica. Fosse fallito, il costo dell’esperimento e il plutonio consumato avrebbero ritardato di molti mesi l’assalto al Giappone e la fine della guerra in Asia. Dopo aver preso in considerazione otto siti in varie parti degli Stati Uniti, il direttore scientifico del progetto Robert Oppenheimer e la sua squadra di scienziati (fra loro Enrico Fermi ed Emilio Segré), scelsero il deserto di Alamogordo: in particolare un avvallamento chiamato Jornada del Muerto, “il viaggio del morto”. Non fu selezionato perché era nello stesso stato – il Nuovo Messico – dei laboratori del progetto Manhattan a Los Alamos; ma perché sembrava il posto più isolato, utile per garantire la segretezza dell’esperimento.

Come avrebbe spiegato Emilio Segré, il leader del gruppo di ricerca sulla radioattività, “Il test consisteva nell’esplosione di una bomba atomica contenente plutonio239, collocata in cima a una torre d’acciaio e nella misurazione dell’energia rilasciata in varie forme: luce, raggi gamma, onda d’urto, eccetera”.

L’esplosione avvenne alle 5.30, poco prima dell’alba del 16 luglio 1945. La spiegazione di Segré dimostra che neanche gli scienziati avevano la certezza di ciò che sarebbe accaduto. Pensavano che l’esplosione avrebbe alzato un fungo di 3.700 metri. La bomba da 21 kilotoni, equivalente a 15mila tonnellate di Tnt, ne fece uno di 15mila metri. Il calore che sprigionò era 10mila volte quello della crosta solare. Forse esaltato dall’impresa, Oppenheimer si auto-definì Vishnu, il distruttore dei mondi.

Si sollevò dal fondo della Terra una luce non di questo mondo, la luce di molti soli in uno”, avrebbe scritto diverso tempo dopo William Laurence del New York Times, unico giornalista presente ma costretto al silenzio. La segretezza era una necessità assoluta: i giapponesi ancora in guerra ma soprattutto l’alleato sovietico non dovevano sapere. In realtà una spia di Stalin era già infiltrata tra gli scienziati del progetto: il fisico Klaus Fuchs, tedesco naturalizzato inglese.

Fu per mantenere il silenzio che l’inflessibile generale Groves, interpretato da Matt Damon in “Oppenheimer” di Christopher Nolan, non fece evacuare migliaia di civili di 19 contee, 78 centri abitati e decine di pueblos, che sarebbero stati investiti dal fallout nucleare.

Quasi mezzo milione di persone vivevano in un raggio di 150 miglia dal luogo dell’esplosione, alcune a 12 miglia. Solo nel 1990 il Campidoglio approvò la Radiation Explosive Act per risarcire 22.220 persone, definite “Residenti Sottovento”. E nel 2006 il dipartimento all’Energia definì il Trinity “l’azzardo più significativo dell’intero progetto Manhattan”.

Alla conferenza di Potsdam, accanto alla Berlino conquistata e distrutta, Henry Truman si sentì l’uomo più forte del mondo. Ma la sensazione fu di breve durata. Neanche quattro anni più tardi nel poligono di Semipalatinsk, nel deserto del Kazakistan, i russi fecero la loro Trinity. Dal 1949 Usa e Urss iniziarono una corsa al riarmo nucleare che nel 1985 avrebbe superato le 60mila testate, sebbene poche decine sarebbero bastate per distruggere la Terra.

Deterrenza è la definizione diplomatica che ha impedito una guerra termo-nucleare. La spiegazione migliore è un acronimo, MAD: Mutua Distruzione Assicurata. Chiunque avesse lanciato le sue bombe sapeva che anche il nemico, prima di essere annichilito, avrebbe avuto il tempo di far partire le sue.

Oggi Russia e Usa possiedono circa 5mila testate ciascuno ma i due paesi non smettono d’investire somme astronomiche sul riarmo nucleare: non più sul numero ma sulle tecnologie. I trattati prevedevano una progressiva riduzione fino a 1500 testate ciascuno ma sono ormai carta straccia, date le relazioni fra i due paesi. L’anno scorso Vladimir Putin ha minacciato l’uso dell’arma atomica in Ucraina, violando un tabù dell’era atomica.

Intanto i cinesi moltiplicano silenziosamente il loro arsenale per raggiungere quantità e qualità americane e russe. Francia e Gran Bretagna si propongono per garantire l’ombrello nucleare a un’Europa che Donald Trump vuole abbandonare, pur rafforzando il suo nucleare americano. L’Iran non è il solo paese che ambiguamente aspira a costruire la bomba perché in questo mondo sempre più hobesiano, averla è meglio: la sua capacità di deterrenza garantisce la sicurezza nazionale.

Questo è il mondo che abbiamo ereditato dall’accecante esplosione di Trinity, all’alba del 16 luglio 1947, nel deserto chiamato Jornada del Muerto.

  • carl |

    Nononostante l’opportunità, nessuno fiata..Mentre a me viene da aggiungere che l’umanità, se l’è cavata sia nella guerra “calda” 1939-45 che in quella “fredda”.
    Ma varrebbe la pena riflettere sul fatto che la puntata nazista verso la Norvegia indica che almeno Heisemberg aveva le idee chiare sui possibili sviluppi del nucleare. Infatti in Norvegia c’era l’unica fabbrica di “acqua pesante” che al posto della grafite era indispensabile per il funzionamento di una pila nucleare e di quello che ne sarebbe derivato… Probabilmente a Heisemberg mancarono sia il “team” di fisici che dei fondi adeguati e, non ultimo, quella “priorità” che invece non mancarono negli USA.
    Tuttavia la storia umana è tutt’altro che conclusa e le sfide o “challenges” non mancano/mancheranno di certo. Sicchè l’esito è ancora più incerto di quel che si possa desumere dalle dichiarazioni & narrazioni del Trump & Co…

  • carl |

    Ha fatto bene a riproporre l’argomento.. Sono molti a ignorarlo. Quanto a me ignoravo l’infiltrazione di Fuchs.

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