Ci vorrà tempo per capire che nuovo ordine mondiale stia nascendo dal magma ancora attivo di quello vecchio. Un inaspettato fattore si sta tuttavia precisando: l’umorismo. Sono tempi duri per i comici di professione quando è la politica a rubare loro il lavoro.
Durante la breve guerra con l’Iran, davanti all’ospedale di Beersheva colpito da un missile nemico, il ministro israeliano della Difesa Israel Katz aveva affermato senza esitazione: “Bombardare un ospedale è un atto barbarico!”. Nessun tentennamento, eventualmente – ma solo eventualmente – contando tutti gli ospedali di Gaza ripetutamente devastati da Israele.
Temendo che un suo mediocre ministro gli rubasse la scena, l’altro giorno a Washington Benjamin Netanyahu ha confermato che il sarcasmo non è parte del suo bagaglio politico-culturale. Appena arrivato alla Casa Bianca ha rivelato al suo ospite di averlo candidato al Nobel per la pace. Impossibile non sospettare che sia parte della moral suasion israeliana per impedire che Trump imponga a Netanyahu una pace su Gaza che farebbe cadere il suo governo di estrema destra.
Lui, di suo pugno, ha scritto al comitato scandinavo, raccomandando Trump per la cerimonia di Oslo, il prossimo autunno. Nel tono e nello sguardo del premier israeliano, l’adulazione riusciva a superare l’inarrivabile cortigianeria del segretario Nato Mark Rutte, all’ultimo vertice dell’Alleanza: “Senza il Presidente Trump nulla di tutto ciò sarebbe accaduto”.
L’ego smisurato di Trump è ormai parte della geopolitica. Come la Cina, le ambizioni di Putin, le debolezze europee, il Global South e l’umorismo, anche l’amor proprio presidenziale è un fattore quotidiano del nuovo ordine in costruzione. Ma non è detto che la candidatura avanzata da Netanyahu abbia fatto piacere a Trump. Immaginate il Comitato norvegese del Nobel quando ha ricevuto la lettera firmata dall’uomo che potrebbe essere chiamato a giudizio per crimini di guerra dalla Corte internazionale; che in concorso con Hamas (un’organizzazione terroristica) ha raso al suolo Gaza, causando la morte di 60mila persone in gran parte donne e bambini (secondo la rivista scientifica The Lancet, sommando anche le vittime rimaste sotto le macerie, i morti sarebbero 100mila); che guida un governo che professa la pulizia etnica, praticata quotidianamente in Cisgiordania. E, da ultimo, che in Israele è a processo per corruzione con tre diversi capi d’accusa.
L’ego di Trump non ha limiti ma l’uomo non è così sprovveduto: quando è di fronte a un venditore ambulante dovrebbe saperlo riconoscere. Sono pratiche commerciali a lui note, ripetutamente applicate da immobiliarista newyorkese. Ma non sottovalutate Bibi Netanyahu: anche se privo di humor, l’uomo ha cento vite politiche.