Come accade sempre, quando il conflitto fra israeliani e palestinesi s’infiamma, le estreme s’impossessano della narrativa, pretendendo di custodire un’unica verità: la loro. L’orribile massacro compiuto da Hamas e la crisi umanitaria provocata dall’assedio israeliano, non sono parte della stessa tragedia ma fatti separati. I bambini uccisi degli uni sono più bambini dei piccoli morti degli altri.
La macelleria di Hamas giustifica la necessità di radere al suolo Gaza, di togliere acqua ed elettricità, sentenziando che 2,3 milioni di palestinesi sono “moralmente responsabili”. In questi giorni si è sentito dire che “Gaza diventerà un posto dove non potrà esistere nessun essere umano”.
Ma i bombardamenti israeliani legittimano anche il rigurgito di antisemitismo visto in molte piazze, Milano compresa. Un folto gruppo d’intellettuali della sinistra israeliana, guidato da David Grossman, ha firmato un appello “contro l’indifferenza morale” dei loro colleghi della sinistra europea, colpevoli di ignorare i comportamenti di Hamas e non dire nulla sugli episodi di razzismo.
“Gli ebrei rassicurati dopo essersi sentiti dire che l’antisemitismo non esiste”; “Gli abitanti di Gaza in punto di morte criticati per non aver usato il loro ultimo respiro per condannare Hamas”. Sono due titoli pubblicati dal sito americano di satira politica The Onion, nel tentativo di sintetizzare l’assurdità dello scontro fra verità incomplete.
Succede che dopo aver raso al suolo Grozny, Vladimir Putin paragoni le distruzioni di Gaza a Stalingrado. E che Gal Hirsch, l’ex generale scelto da Bibi Netanyahu per gestire la delicata questione degli ostaggi, abbia assalito gli ambasciatori europei, andati ad offrire il loro aiuto, accusandoli di aver sostenuto gli accordi di Oslo: trent’anni fa. Hirsch, condannato per evasione fiscale, non è in grado di capire che il dramma degli ostaggi è una delle conseguenze del fallimento di quel processo di pace: del cui insuccesso la colpa è equamente ripartita fra israeliani e palestinesi.
Ritornare a un orizzonte negoziale, cioè a una soluzione politica, è diventato il mantra della maggioranza che non aderisce a una delle due verità estreme. “Due stati per due popoli in pace e sicurezza”, era la formula di Oslo. Lo dicono presidenti e premier occidentali venuti in questi giorni in Israele; lo dicono Putin e Xi Jinping, lo dicono i leader del mondo emergente (qualcuno continuando a giustificare Hamas). Lo dicono tutti, tranne la gran parte degli israeliani e dei palestinesi, direttamente coinvolti nei bombardamenti su Gaza e nei massacri di Hamas.
La soluzione dei due stati è diventata una specie di dichiarazione assolutoria dei leader mondiali, per aver ignorato ciò che stava accadendo da anni a Gaza e in Cisgiordania. Quest’ultima è sempre stata considerata una questione a parte: anche se dall’inizio del 2023 gli israeliani hanno ucciso 200 palestinesi (non tutti terroristi o miliziani), più altri 95 solo in queste due settimane, mentre si combatteva a Gaza.
Israele sostiene che Hamas deve essere sradicata. Posto sia possibile, dopo quanto accaduto è impensabile un futuro del quale sia parte il movimento islamico. Ma è amaro pensare che negli anni ’80 sia stato Israele a favorirne la crescita per contrastare il consenso assoluto per Fatah: quel consenso che ora il mondo vorrebbe ripristinare a Gaza.
L’errore è stato ripetuto in questi anni durante i quali i governi israeliani (soprattutto quelli di Netanyahu) hanno trasformato l’Autorità palestinese di Ramallah in una specie di quisling, al servizio della loro sicurezza in Cisgiordania. Abu Mazen non perde occasione di dire cose sbagliate e i suoi ministri di farne. Ma Fatah che rappresentano, è da 30 anni per una soluzione politica del conflitto.
I palestinesi “buoni” non sono mai stati premiati da Israele che invece ha sempre favorito quelli “cattivi” che, scegliendo la lotta armata, assecondavano gli obiettivi israeliani d’impedire uno stato palestinese. Come ha detto una volta Bezalel Smotrich, il ministro nazional-religioso contrario come Netanyahu all’idea di uno stato arabo, “L’Autorità palestinese è un ostacolo, Hamas una risorsa”.
Nel suo intervento alla conferenza di pace del Cairo, Giorgia Meloni ha sostenuto che ad Hamas interessa uno stato islamico, non palestinese. Non è così. E’ peggio: gli estremisti hanno innestato l’elemento religioso nella loro lotta di liberazione nazionale. Sono dunque ancora più pericolosi. Come i due ministri nazional-religiosi israeliani, Smotrich e Itamar Ben-Gvir, che hanno dato al Sionismo una motivazione biblica. Se, come e quando finirà questa guerra a Gaza, saranno loro due e Hamas a rendere ancor più difficile raggiungere l’orizzonte politico dei due stati. In pace e sicurezza, come già si diceva trent’anni fa.