E’ possibile che a porte chiuse Joe Biden abbia detto forte e chiaro a Bibi Netanyahu di fermare l’offensiva su Gaza. O quanto meno di porre fine al disastro umanitario nella striscia. Forse gli ha anche detto che i palestinesi non sono Hamas e che è tempo di riprendere un percorso politico.
Un po’ di ottimismo fa bene alla salute. Dalla discesa dall’Air Force One alle ultime dichiarazioni, il linguaggio del corpo di Biden non ha mostrato alcun calore per Netanyahu. Ma per il poco che il presidente americano e il premier israeliano hanno offerto all’opinione pubblica, l’impressione è che sia stato il solito spettacolo. Entrambi hanno detto cose giuste: Israele deve difendersi dagli animali chiamati Hamas, indifferenti anche alla vita del loro stesso popolo.
Ma è solo la metà di una verità più complessa. C’è anche l’assedio medievale attorno a Gaza, la brutalità dei bombardamenti, l’arrogante ordine a un milione di palestinesi di abbandonare le loro case in poche ore. Insieme allo stare con Israele “senza se e senza ma”, avrebbe dovuto esserci lo stesso categorico impegno per i palestinesi.
Sin dai primi tentativi di trovare la via del negoziato, all’inizio degli anni ’90, gli Stati Uniti si erano auto-dichiarati “honest brokers”, i mediatori equidistanti del processo. Lo sono stati solo una volta, con George H.W. Bush e il segretario di Stato James Backer, all’inizio. Poi hanno sempre prestato più attenzione alle necessità israeliane che palestinesi.
Forse Joe Biden voleva essere più onnicomprensivo. Tuttavia il messaggio che ha dato – ma niente si sa dei veri colloqui – è ciò che il Medio Oriente e l’opinione pubblica internazionale hanno ritenuto di cogliere: l’importante è che Israele si difenda. Come, è irrilevante.
Il massacro all’unico ospedale cristiano di Gaza è stato l’evento che ha definito il primo viaggio di un presidente americano in una zona di guerra, e pesato sul suo obiettivo. In una “shuttle diplomacy” regionale, che ha ricordato quelle di Henry Kissinger nel 1973-74, Antony Blinken, il segretario di Stato, aveva parlato con tutti: discretamente anche con gli iraniani. L’obiettivo di circoscrivere il conflitto sembrava raggiunto. Poi c’è stato il bombardamento dell’ospedale.
Mezzo mondo accusa Israele, gli israeliani la Jihad Islamica che avrebbe sbagliato il lancio di un missile. Servirebbe un’indagine indipendente che in casi precedenti Israele non ha mai permesso. E comunque nessuna commissione internazionale verrebbe autorizzata ad entrare a Gaza.
Sulla tragedia che ha rovinato la sua visita, Biden ha usato similitudini da finale di Superbowl: “Su quanto abbiamo visto è come se” il bombardamento “sia stato fatto dall’altra squadra, non da voi”, ha detto a Netanyahu. “Ma laggiù c’è molta gente che non ne è sicura”. L’obiezione potrebbe indurre all’ottimismo riguardo ai colloqui reali con gli israeliani.
Ciò che conta, tuttavia, non è l’intenzione ma quello che gli altri capiscono. E per i leader arabi, alleati e avversari, le loro opinioni pubbliche e non solo, il messaggio inteso è: gli americani stanno con gli israeliani, qualsiasi cosa facciano. Dieci minuti dopo le dichiarazioni del presidente, i siti di tutti i giornali israeliani titolavano in apertura: “Biden dice che non abbiamo bombardato noi”.
La visita presidenziale avrebbe dovuto proseguire ad Amman per un incontro con il re giordano Abdullah e l’egiziano al Sisi. Per loro la bomba sull’ospedale era israeliana, dunque niente vertice. Il primo a rifiutarlo era stato la sera prima Mahmud Abbas. Incapace di prevenire le tragedie del suo popolo ma come sempre inseguendole, il presidente dell’Autorità Palestinese era finalmente riapparso senza rubare la scena ad Hamas.
Ma la tragedia palestinese, ignorata fino a una settimana fa, non ha ridestato solo l’interesse arabo. E’ stata inserita d’ufficio nello scontro geopolitico Occidente contro Cina & Russia (in ordine d’importanza) per la conquista dei paesi emergenti. Xi e Putin hanno informato il mondo di essere con i palestinesi e di condannare i massacri israeliani: loro che in Ucraina e Xinjiang se ne intendono. India, Indonesia, Brasile, Sudafrica e tutti gli altri non hanno un Olocausto da farsi perdonare come noi europei. Il loro giudizio verso Israele è su ciò che accade oggi, libero da colpe storiche che non hanno.