“Una scelta miope mentre l’economia mondiale ha a che fare con l’impatto negativo dell’invasione dell’Ucraina”. Più succintamente, la decisione dell’Opec di ridurre la produzione petrolifera di 2 milioni di barili al giorno, è “un allineamento alla Russia”. Il disappunto dell’amministrazione Biden è evidente. Ma ancora più chiara contro chi specula sulla crisi globale e a favore di una domanda e un prezzo del greggio più stabili, è la decisione di mettere sul mercato altri 10 milioni di barili della riserva strategica americana.
Ma perché l’Opec (il Plus sono la Russia e i paesi petroliferi alleati di Mosca) ha preso una decisione così anti occidentale? L’allineamento a Putin denunciato dalla Casa Banca, è nei fatti più che nelle intenzioni: è la convergenza su un comune interesse economico – guadagnare sul petrolio – non una nuova alleanza strategica e politica.
Mohammed bin Salman, giovane principe ereditario e vero leader saudita, non ha ancora imparato l’equilibrio diplomatico di suo padre. Non ha perso l’occasione di mettere in difficoltà Joe Biden che aveva definito il principe “un paria internazionale”. Dieci anni fa nessun saudita si sarebbe permesso di farlo, dipendendo per la sua sicurezza dall’aiuto americano. Così anche gli Emirati. Ora non è così. Da più di un presidente, gli Usa riducono via via il loro impegno in Medio Oriente: se ne stanno accorgendo con una certa preoccupazione perfino gli israeliani.
Ma quella che s’incomincia a definire “ambiguità strategica” non riguarda solo quella regione. India e Indonesia in Asia sono i due casi più autorevoli. E c’è l’Africa: all’Onu 17 paesi si erano astenuti al voto di condanna all’aggressione all’Ucraina. La memoria storica su avvenimenti non così lontani nel tempo, ha la sua parte: sette paesi europei, fra cui l’Italia, sono stati le potenze coloniali dell’Africa: alla fine del XIX secolo l’80% del continente era libero, trent’anni più tardi il 90 sarebbe stato controllato dall’Europa.
Per motivi a volte diversi, i sauditi, l’India di Narendra Modi e gli africani continuano ad aver bisogno dell’Occidente. A loro è chiaro che russi e cinesi non sono potenze liberatrici ma i nuovi imperialisti. Non sono passati dalla parte di Putin ma sfruttano le opportunità economiche e geopolitiche che la nuova realtà offre. In fondo, dal loro punto di vista l’Ucraina è un conflitto europeo.
La Guerra Fredda imponeva alleanze rigide, i paesi in via di sviluppo dovevano scegliere Mosca o Washington, a volte ne combattevano per procura i conflitti: il Movimento dei Non Allineati non era che un allineamento mascherato all’Urss. Questo invece sembra un secolo multipolare. L’Arabia Saudita, l’India, il Sudafrica e molti altri sono più liberi di decidere come, quando, per quanto e con chi stare. E’ una nuova libertà che non necessariamente garantisce maggiore sicurezza e stabilità globali.