“Russia, Iran, Siria & molti altri non sono felici della partenza US nonostante quello che le Fake News dicono perché ora dovranno lottare contro Isis e altri senza di noi”. Vi sembra questo il modo di governare la prima potenza mondiale e, per default, il mondo?
Proviamo a fare l’esegesi dell’ennesimo tweet che di buon mattino Donald Trump ha lanciato per annunciare il ritiro dalla Siria. La fake news è la sua. “La giusta decisione”, è stato il commento di Putin. Lui, il regime di Damasco, gli iraniani e i turchi sono felicissimi che gli americani se ne vadano dalla Siria Nord Orientale: tutti potranno portare finalmente a termine i loro disegni di dominio, probabilmente sanguinosi.
La versione di Trump invece è che sono tutti preoccupati perché ora dovranno combattere l’Isis senza gli americani. Eppure la ragione formale del ritiro, spiegato in un altro storico tweet, è che lo stato islamico è stato sconfitto e quindi decade la “costosa” ragione della presenza americana. Ma allora l’Isis non c’è più o c’è ancora?
Le parole in libertà sono aria fritta. Ma quelle di un presidente degli Stati Uniti sono un’arma di distruzione di massa. Ciò che distruggono è la credibilità americana nel mondo. Se poche settimane prima il Consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton diceva che “non ce ne andremo fino a che le truppe iraniane sono fuori dalle frontiere iraniane, milizie comprese”; e poche settimane dopo è smentito dal presidente, difficile continuare a credere agli Stati Uniti quando si parla di sicurezza e geopolitica.
“Washington è un alleato, ma fino a un certo punto”, titola l’israeliano Ha’aretz. Certamente nel Medio Oriente del quale stiamo parlando. Ma non solo. La decisione giapponese di avviare un imponente riarmo fino a pensare di dotarsi di testate nucleari, era incominciata quando Barack Obama aveva ignorato la linea rossa che lui stesso aveva posto, e che Bashar Assad aveva violato usando armi chimiche contro il suo stesso popolo. Se gli americani perdono credibilità in Medio Oriente – avevano pensato a Tokyo, Seul e in altre capitali dell’Asia mille miglia lontana dal Levante – chi ci proteggerà dall’espansionismo cinese nella nostra regione?
I segni di debolezza sono come vibrazioni sonore: arrivano ovunque. I duemila uomini che Trump vuole ritirare dalla Siria, non hanno grandi capacità tattiche sul piano militare: il loro principale compito sul campo è combattere i resti ancora consistenti dell’Isis. Ma sono un deterrente di grande importanza: limitano le pericolose ambizioni turche e iraniane, irritano e mettono a disagio i russi, contengono il regime di Damasco, rassicurano gli israeliani. “Abbiamo fissato una linea rossa con i turchi su come si dovranno comportare con i curdi?”, si chiede Richard Haass, capo della pianificazione politica del segretario di Stato Colin Powell e ora presidente del Council on Foreign Relations di New York. “Nessun accordo con i russi sulla formazione del futuro governo” in Siria”?
No, niente di tutto questo. Diplomazia zero. Niente nemmeno sul fronte costituzionale: quando l’America entra in un teatro di guerra o ne esce, il presidente deve chiedere il giudizio del Congresso. Trump lo ha detto a Twitter: la devastante diplomazia del cinguettio.
Da ultimo non si possono ignorare i veri sconfitti di tutto questo, le vittime dalla storia, dell’irriconoscenza internazionale, della brutalità del realismo politico: i curdi. Quel popolo sfortunato è stato il primo a tenere testa all’onda dilagante dell’Isis. E ha continuato a farlo per molto tempo in Siria e Iraq mentre le truppe regolari di quei due paesi fuggivano a gambe levate; mentre la Turchia armava i terroristi, permettendo loro di superare il confine; mentre il regime di Damasco liberava dalle sue prigioni i peggiori estremisti islamici per delegittimare le opposizioni; mentre sauditi, Qatar ed Emirati armavano le milizie religiose più radicali.
Nessuno può dire di avere le mani pulite in un conflitto che – per ora – ha causato mezzo milione di morti e 11 milioni di profughi. Nessuno tranne i curdi. Lo stato maggiore turco ha già stabilito i piani di un’offensiva in Siria a Oriente dell’Eufrate, dove gli americani incominceranno a smobilitare: vogliono eliminare i “terroristi”. Non i servizi segreti di Erdogan che hanno protetto l’Isis: per loro i terroristi sono i curdi che l’Isis l’hanno sempre combattuta. Così Bashar Assad, protetto da russi e iraniani, può di nuovo sognare di riconquistare tutta la Siria. Come si può non sospettare che, inconsapevole o meno, il super-indagato Donald Trump sia il migliore agente che l’Urss/Russia abbia mai avuto nella sua storia?
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