“Or sono sedici lustri e sette anni che i nostri avi costruirono una nuova nazione su questo continente… che questa nazione, guidata da Dio, abbia una rinascita di libertà e che l’idea di un governo del popolo, dal popolo, per il popolo, non debba perire da questa terra”.
Sono l’inizio e la fine del Gettysburg Adress, 19 novembre 1863. Mai nella storia della retorica un politico è stato tanto efficace quanto sintetico: il discorso è di 271 parole. Abraham Lincoln era un presidente repubblicano, il più grande del GOP, il Grand Old Party. Direi il più grande d’America insieme al democratico Franklin Roosevelt. Il GOP ha avuto molti altri presidenti di qualità: penso, fra gli ultimi a Ronald Reagan e al suo successore George Bush 41: controversi come tutti i presidenti ma hanno contribuito a fare la storia.
Poi c’è stato il crollo: politico, ideale e morale. George Bush 43 (il quarantatreesimo presidente come gli americani usano chiamarlo per distinguerlo dal padre, il quarantunesimo). Circondato da uno stuolo di pericolosi consiglieri “neo conservatori”, Bush il giovane ha rappresentato il rantolo finale di un neo-imperialismo fuori stagione. L’invasione dell’Iraq del 2003 fu la Waterloo sua e di quel pensiero.
Ora c’è Donald Trump: certo non è un imperialista ma è comunque peggio perfino di Bush 43. Tuttavia tendiamo ad attribuire tutto il male d’America e del mondo a lui, dimenticando il partito che lo circonda e lo sostiene: una forza politica che ha abbandonato i suoi ideali conservatori, seguendo il presidente verso l’ignoto, principalmente nella speranza di salvare o conquistare un seggio nelle midterm di martedì.
Lyndon Johnson era un democratico conservatore che non amava i fratelli Kennedy. Ma nel 1965 firmò le leggi contro la segregazione razziale perché aveva capito che quel cambiamento era necessario all’America. Lo fece sapendo che in Texas non avrebbero più votato per lui e che stava consegnando ai repubblicani gli stati del Sud. Il GOP di oggi marcia all’ombra di un presidente razzista in nome del solo potere. I repubblicani obiettori e per bene sono morti – come John McCain – o sono stati epurati perché “nemici del popolo”.
Oggi c’è il deputato Steve King dello Iowa che in visita a Vienna incontra i capi del partito di estrema destra fondato da un ex ufficiale delle SS, e dice che “promuovendo la piattaforma che promuovono, se fossero in America sarebbero repubblicani”. Ci sono Louie Gohmert del Texas e il leader della maggioranza alla Camera dei rappresentanti Kevin McCarthy della California, che sostengono la teoria secondo la quale George Soros vuole sovvertire gli Stati Uniti. O Matt Gaetz della Florida che per il discorso presidenziale sullo Stato dell’Unione aveva invitato in Campidoglio un noto negazionista dell’Olocausto. E c’è Greg Gianforte del Montana, citato nel precedente post di questo blog, che ha picchiato un giornalista.
Dopo l’eccidio alla sinagoga di Pittsburgh, l’Anti-Defamation League che denuncia gli episodi di antisemitismo ovunque si manifestino, ricordava che dal 2016 al ’17 negli Stati Uniti i crimini relativi al razzismo anti-ebraico sono aumentati del 57%. “Ci può essere ogni altra ragione di questo picco se non la generale legittimazione della de-umanizzazione nella politica americana?”, commentava il Washington Post.
Cosa vi aspettate di diverso se la settimana scorsa in un comizio elettorale per le midterm il loro capo supremo ha detto che Barak Obama è “il fondatore dell’Isis”? Secondo un sondaggio del Public Religion Research Institute, un’organizzazione non profit e bipartisan di Washigton, il 69% degli elettori americani pensa che Trump abbia “danneggiato la dignità della presidenza”. Nel Partito repubblicano però nessuno si è chiesto – almeno pubblicamente – se sia giusto mandare al confine messicano 15mila soldati, più di quelli in missione in Afghanistan, per fermare qualche centinaio di richiedenti asilo del Centro-America.
Due anni fa Donald Trump aveva offerto a un Partito repubblicano sempre più diviso, l’inaspettata opportunità di riconquistare il potere. E il GOP l’ha raccolta sapendo quale ne sarebbe stato il prezzo, tradendo la sua storia e l’America.
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