“Secondo me qualsiasi futuro segretario alla Difesa che consigliasse al presidente di mandare un grande contingente di forze terrestri in Asia, in Medio Oriente o in Africa, dovrebbe farsi esaminare la testa”. La considerazione di Bob Gates, responsabile al Pentagono per conto di due presidenti (Bush e Obama), è ormai considerato più un imperativo che un prezioso consiglio.
Non solo per gli americani ma per tutti: anche per i russi, ora così visibilmente protagonisti sulla scena mediorientale. E’ dunque un precedente così importante avere usato le basi iraniane per bombardare la Siria? E’ certamente un segnale agli Stati Uniti e all’alleanza sunnita anti-Bashar Assad. Ma strategicamente, a medio e lungo termine, è irrilevante. Perché se non o fosse, la Russia commetterebbe con imperdonabile miopia lo stesso errore già fatto dagli americani: farsi risucchiare nella più intrattabile delle regioni, finire nelle paludi del secolare scontro fra sciiti e sunniti, arabi e persiani, regimi fallimentari e milizie sanguinarie.
Vladimir Putin ha mostrato evidenti segni di grandeur ma è tutt’altro che un leader privo di un orizzonte: lo sta provando da tempo. E’ tornato ad essere un protagonista in una regione strategica per la Russia, ai suoi immediati confini geografici ed energeticamente così importante per una potenza che produce gas e petrolio. Ma non si farà mai coinvolgere completamente, decidendo come gli americani di aderire a un fronte, opposto a un altro. Tanto più ora che nelle dichiarazioni e nei fatti, Barack Obama sta disimpegnando l’America dalla regione: le decisioni del presidente degli Stati Uniti hanno aperto spazi importanti a Vladimir Putin, ma prendere il posto dell’America è un’altra cosa.
Se non bastasse come promemoria il gigantesco fallimento dell’invasione americana dell’Iraq e le sue conseguenze, tutti i comandanti delle forze armate russe hanno combattuto in Afghanistan quando erano giovani ufficiali di prima linea, 25 anni fa. Quel ricordo non è solo nelle menti ma anche nei piani degli strateghi. Per questo avere utilizzato basi iraniane è irrilevante: è solo parte di un gioco sottile attorno alla Siria, il cui futuro oggi non conosce nessuno.
Russia e Iran hanno interessi comuni ma non uguali agende nella regione: incominciando dal riavvicinamento alla Turchia sunnita, proseguendo per il nucleare iraniano al quale anche Mosca si è sempre opposta, e finendo con Israele che se non un alleato, è sempre di più un partner strategico della Russia.
E’ infatti questo che Vladimir Putin perderebbe se decidesse di far parte in pianta stabile del fronte sciita e decidesse di impegnarsi nella regione in un gioco imperiale a somma zero contro gli Stati Uniti: il vantaggio diplomatico di essere l’interlocutore di tutti, anche di alcuni nemici sul campo di battaglia siriano. Nella regione gli Stati Uniti sono pieni di tabù, antitesi di una saggia politica estera: non trattano con l’Iran perché sono alleati dell’Arabia Saudita; vogliono la testa di Bashar Assad per non inimicarsi il fronte dei paesi del Golfo. Un segretario di Stato americano perderebbe il posto se dialogasse con Hezbollah o Hamas: i russi lo fanno e Bibi Netanyahu non si sogna di obiettare.
Nuove relazioni con la Turchia, collaborazione militare con l’Iran, armi all’Arabia Saudita. Nemmeno il sostegno non così granitico a Bashar Assad impedisce alla Russia di trattare con gli Stati Uniti il futuro del dittatore e quello del regime di Damasco. E’ impensabile che gli americani possano scalzare la Russia dal Medio Oriente: posto che qualcuno a Washington pensi di volerlo fare. A suo modo Putin ha fatto un capolavoro che solo lui potrebbe rovinare. (Pubblicato sul Sole 24 Ore il 17/8/2016).
E’ da diverso tempo che non pubblico articoli su mio blog e più di un lettore mi ha giustamente rimproverato: un impegno è un impegno. Le ragioni di questo “tradimento” sono tre: tempi di ferie, molti commenti quotidiani sul giornale cartaceo (non credo si debba esagerare nel presenzialismo) e, last but tutt’altro che least, una forma di rigetto verso il web. Ogni mattina leggo i giornali sul web, posto i miei articoli su Facebook, non posso far passare 12 ore senza consultare la mail. Ma a volte questa esposizione permanente, l’apparire per non sparire, mi da’ un senso di oppressione. Durante questa silenziosa ribellione ho letto con un piacere quasi fisico alcuni libri cartacei, pagina dopo pagina, matita per sottolineare, tomi lasciati la notte sul comodino, a dormire con me.
Ai lettori di Slow News che non sono anche lettori del Sole né del mio profilo Facebook, propongo una selezione dei miei commenti usciti sulle pagine del giornale in questa estate turbolenta. Il prossimo post sarà un originale.
Nizza: Terrorismo e globalizzazione
Usa, Russia e golpe turco
La “nuova” Turchia di Erdogan
Russia, Olimpiadi e doping
https://www.facebook.com/ugo.tramballi.1/posts/877529362351121
Noi, il terrore e l’ansia globale
Presidenziali americane ed equilibri mondiali
Tinker Tailor Soldier Hacker
https://www.facebook.com/ugo.tramballi.1/posts/881815941922463
Elezioni in Sudafrica, perde l’Anc
Russia e Turchia fanno pace. Forse
Di nuovo l’Ucraina https://www.facebook.com/ugo.tramballi.1/posts/889619811142076