Chi è nato “negli anni Cinquanta e in quelli successivi, ha vissuto la sua intera vita sotto la minaccia di annientamento che il presidente Kennedy chiamava la ‘Spada di Damocle nucleare’”. Il professor James Doyle, che lo scrive http://thebulletin.org/full-price-nuclear-deterrence9196 , dev’essere un mio coetaneo.
Ma quello che mi rattrista di più è che anche i miei figli e certamente i nipoti, se ne avrò, passeranno tutta la loro esistenza minacciati dall’armageddon atomico. Gli arsenali sono meno immensi di un tempo ma le testate che ancora conservano possono distruggere il pianeta centinaia di volte.
Di solito le armi nucleari non sollevano grande interesse. Questo pezzo, infatti, lo state leggendo sul mio blog e non sulle pagine del giornale: non lo avrei mai proposto al mio direttore. Se non si è scienziati o strateghi militari, ci si annoia perdendosi nelle sigle, i trattati, i tipi di testata nucleare, di arma e di vettore. Ma di tanto in tanto ne scrivo come per un obbligo morale, perché penso continui ad essere la minaccia più grande per il nostro futuro.
E non lo dico perché generazionalmente sono figlio della Guerra fredda. In un certo senso quell’epoca garantiva qualche sicurezza che ora è molto meno evidente. Ecco la fotografia della minaccia nucleare nel sedicesimo anno del XXI secolo, scattata sul Bulletin of the Atomic Scientists da James Doyle che ha lavorato al Los Alamos National Laboratory:
“Anche paesi poveri e isolati come la Corea del Nord la possono costruire; i terroristi hanno cercato di comprarla o rubarla; molte volte sono quasi state fatte detonare per errore; gli operatori dei missili nucleari americani sono stati scoperti a scommettere, a bere, a drogarsi, a barare sui test attitudinali; il presidente Putin, alcuni dei suoi generali e associati politici hanno detto di essere pronti a bombardare l’America, se necessario”.
L’arma nucleare è ormai come la prostituzione, la droga e il razzismo: inestinguibile parte dei nostri vizi. Lo prova la campagna elettorale repubblicana negli Stati Uniti. Non illudetevi che di quel partito il male sia solo Donald Trump: è insopportabilmente antipatico, è un provocatore. Ma i candidati “istituzionali” come Ted Cruz e Marco Rubio sono peggio: ultra religiosi, super falchi, neo imperialisti. Nonostante sia evidente che la minaccia di oggi – il terrorismo – richieda specialisti più addestrati, non un esercito più grande; e armi convenzionali migliori, non mezzi di distruzione di massa, i candidati repubblicani continuano a invocare un’armada da conquista del mondo. E vogliono più bombe atomiche.
Come se non bastasse quello che c’è e che è già stato deciso per il nostro futuro almeno fino al 2080. Grazie al New Start, il trattato firmato da americani e russi nel 2010, gli arsenali operativi dei due paesi non possono superare 1.550 testate per parte. In realtà lo stesso Pentagono ammette che ne basterebbero 1.100 per garantire il buon funzionamento della “mutua distruzione assicurata”.
Tuttavia, per garantire un’ “efficace deterrenza”, sotto la spinta delle lobbies dell’apparato militar-industriale, l’amministrazione Obama ha presentato un programma di ammodernamento degli arsenali (le 1.550 testate) che costerà mille miliardi di dollari in 30 anni. Questo significa che fino al 2046 le armi nucleari continueranno ad essere sostituite da armi più moderne ed efficaci. E che dunque non c’è nessuna idea di rinunciare all’atomica fino al 2080, quando anche queste armi diventeranno obsolete. Poi si vedrà. I russi intanto stanno facendo la stessa cosa.
E’ triste ricordare che Barack Obama è il presidente che solo qualche anno fa aveva promesso “pace e sicurezza in un mondo senza armi nucleari”. Con quale faccia americani e russi convinceranno il resto del mondo a rispettare gli obblighi del Trattato del 1970 sulla non proliferazione? La morale è che le “civilization-ending machines”, come James Doyle definisce le bombe atomiche, continueranno a minacciare tutti, comprese le generazioni che non sono ancora nate.
Nel precedente post “Giulio Regeni: Disinformazione Continuna”http://ugotramballi.blog.ilsole24ore.com/2016/02/26/giulio-regeni-disinformazione-continua/#more-1699, affermavo che riguardo alla sicurezza delle nostre sedi diplomatiche al Cairo, soprattutto dopo l’attentato dell’estate scorsa contro il Consolato, “gli egiziani non hanno fatto nulla e il governo italiano nemmeno”. Pubblico volentieri una precisazione che ho ricevuto dalla Farnesina.
“I lavori di ripristino della nuova sede del Consolato stanno procedendo speditamente. Intanto è stata rinforzata la sicurezza dell’Ambasciata con T walls e altre soluzioni, oltre che con il potenziamento della sorveglianza attiva da parte della polizia locale e nostri contractors, in aggiunta al buon contingente di carabinieri dedicati alla sede. Come è doveroso, stiamo riservando forte attenzione e molte risorse alla sicurezza di una sede evidentemente delicata ed esposta. E stiamo insistendo ogni giorno per ridurre al minimo i tempi ancora necessari per la sistemazione definitiva”.
Pubblico inoltre l’ultimo commento sull’intervento o il non intervento italiano in Libia