Se siete azionisti del Monte dei Paschi di Siena, se lavorate in un’impresa che esportava in Cina, se avete ancora in casa un figlio trentenne e disoccupato, consolatevi. C’è sempre di peggio nella vita: siamo solo a tre minuti dalla fine dell’umanità, dalla mezzanotte del disastro nucleare.
Come ogni anno, i saggi del Bulletin of the Atomic Scientists si riuniscono a gennaio per verificare se il genere umano migliori o peggiori in saggezza e spirito di sopravvivenza. E, puntuale, ogni anno a gennaio questo blog vi riferisce, togliendovi forse il sonno almeno per un paio di notti. Il Bulletin era stato costituito nell’Università di Chicago nel 1945, dagli scienziati che avevano sviluppato il Manhattan Project: cioè le prime bombe atomiche. Coscienti del Frankestein che avevano creato, per tenere d’occhio il mostro nel 1947 avevano istituito il Doomsday Clock, l’orologio del giorno del giudizio, un’unità di misura del disastro.
Da allora a oggi c’è stata una Guerra fredda ed è finita, ci sono stati anni pessimi e anni di speranza. Questo è decisamente pessimo: per il secondo anno consecutivo la lancetta è a tre minuti dall’Armageddon. Era dal 1983, in piena Guerra fredda, in mezzo all’invasione sovietica dell’Afghanistan, agli Euromissili, al reaganiano ”impero del male”, prima che Gorbaciov apparisse all’orizzonte, che le cose non andavano così male.
Nonostante l’accordo sul nucleare iraniano e quello sul clima a Parigi, scrivono i saggi del Bulletin, “I leader mondiali continuano a non concentrare i loro sforzi e l’attenzione internazionale nella riduzione del pericolo estremo posto dalle armi nucleari e dai cambiamenti climatici”. Da qualche anno infatti, alla minaccia degli arsenali militari, per gli scienziati si è aggiunta quella altrettanto grave dell’inquinamento. “Quando definiamo queste minacce esistenziali, è esattamente quello che intendiamo: minacciano l’esistenza della civiltà”.
Non ci sarà più la Guerra fredda ma le tensioni fra Stati Uniti e Russia, constatano gli scienziati del Bulletin, 16 dei quali premi Nobel, “hanno raggiunto livelli che ne ricordano i periodi peggiori”. Il conflitto in Ucraina e quello in Siria, la Turchia che è membro della Nato abbatte un aereo russo, i russi minacciano di bombardare tutti.
“Washington e Mosca continuano ad aderire alla maggior parte degli accordi sul controllo delle armi nucleari”, ma insieme ad altri paesi “sono impegnati in programmi di modernizzazione dei loro arsenali, suggerendo che il loro piano sia di conservare la loro preparazione a usarli per altri decenni come minimo”.
L’accordo di Parigi sul clima, raggiunto alla dodicesima ora, nell’anno più caldo della storia umana, offre qualche motivo di conforto. Vengono fatte notare l’importanza dell’enciclica papale e la crescita degli investimenti a favore delle energie sostenibili. Solo i conservatori inglesi e soprattutto i repubblicani americani continuano a ignorare “che i cambiamenti climatici causati dall’uomo siano un problema”.
Ma sono gli arsenali nucleari e i comportamenti di chi li possiede (Usa e Russia hanno il 93% delle testate mondiali) ad avvicinare l’umanità al giorno del giudizio. “La comunità internazionale non ha sviluppato piani coordinati per risolvere i costi, la sicurezza, la gestione delle scorie radioattive e la sfida della proliferazione che questa espansione nucleare pone su larga scala”. In conclusione: “l’orologio ticchetta. Il pericolo globale incombe. I leader saggi devono agire: immediatamente”.
Allora stiamo freschi.