Morire per il mare di Azov?

putin-poroshenko-1024x561-1408534917“E’ stata senza dubbio una provocazione. Il presidente (ucraino, n.d.r.) è quinto nei sondaggi elettorali e dunque doveva fare qualcosa”, spiegava Vladimir Putin al forum finanziario di Mosca. Ha ragione. Petro Poroshenko poteva affrontare la questione dello stretto di Kerch e della libera navigazione in un modo diverso. Ha agito così perché a fine marzo, quando ci saranno le elezioni, potrà chiedere il voto a un’Ucraina in divisa, mobilitata contro le minacce russe.

Poroshenko sapeva di avere delle ragioni perché la Russia sta strozzando i porti ucraini nel mare di Azov; sapeva che alla provocazione dei suoi marinai, Mosca avrebbe risposto con la solita forza; sapeva che fra poco gli occidentali devono decidere se confermare le sanzioni a Putin e, in queste circostanze, sarà difficile non farlo; sapeva che nemmeno Trump potrà ignorare la vicenda, incontrando Putin al G20 di Buenos Aires.

Vladimir Vladimirovich Putin aveva capito tutto perché questo è il modo col quale lui normalmente agisce: Poroshenko gli ha solo – e solo per un po’ – rubato scena e copyright. Da quasi vent’anni, da quando è il padrone della Russia, Putin mistifica la realtà, solleva i cuori già fin troppo patriottici dei suoi connazionali, denunciando il nemico alle porte; istigando l’odio per un Occidente che vuole negare alla Russia il ruolo globale che le spetta, che vuole addirittura distruggere la Russia.

La prova regina? L’allargamento della Nato. Sicuramente un errore tattico quanto la presunzione americana di abbandonare l’accordo sui missili anti-missile e di lavorare al cosi detto scudo spaziale. Ma quando si denuncia l’allargamento a Est della Nato, chi lo fa dimentica sempre di ricordare che lo volevano polacchi e baltici i quali – chissà come mai? – non si fidavano della Russia.

Un mirabile esempio di ciò che è oggi la Russia l’ha dato la settimana scorsa Sergey Lavrov, il ministro degli Esteri di Putin, intervenendo al MED, i dialoghi mediterranei organizzati a Roma da Farnesina e Ispi. E’ stato un insieme di grandeur diplomatica, eleganza, battute di spirito che impacchettavano una montagna di bugie. Ha criticato perfino l’assenza di libertà di stampa in Occidente. Qualche tempo fa il Washington Post aveva definito Lavrov un orso sovietico vestito da un sarto italiano.

Dentro e fuori la Russia sono molti a credere in Putin. In Italia c’è anche chi pensa che possa comprare un po’ del nostro debito: non fosse altro per la calda simpatia di Salvini, Di Maio e Conte per lui. Ignorando che l’economia russa vale il 2% del Pil mondiale, come la Spagna: quella cinese è il 12 e l’americana il 24%. Nello sviluppo dell’Intelligenza Artificiale – il vero futuro, dicono gli esperti – la Cina sta spendendo 150 miliardi di dollari fino al 2030, gli Usa 7,4 l’anno senza un limite di data. La Russia qualche decina di milioni.

La morale, tornando al mare di Azov, è che la pace in Europa, oggi è nelle mani di russi e ucraini, entrambi inaffidabili. I due leader e i loro popoli potrebbero facilmente provocare un nuovo incidente e scatenare una guerra dalla quale Europa, Nato, Usa, i suoi arsenali nucleari e quelli dei russi, a fatica resterebbero fuori.  Come già avevano fatto nel 1914 i monarchi europei, quasi tutti cugini fra loro, nipoti della regina Vittoria, nel vecchio continente abbiamo fatto gli struzzi, fingendo di dimenticare che una guerra con 10mila morti l’avevamo in casa dal 2014.

Sono molte le guerre che tendiamo a dimenticare in questa epoca che ci fa così tanto paura, senza un reale dialogo fra i governi; senza una efficace struttura di sicurezza collettiva che possa cauterizzare provocazioni come quella nello stretto di Crimea. Fingiamo di ignorare che in Siria, in ogni momento, potrebbe scoppiare una devastante guerra fra Israele e Iran. O che sempre in Siria e in parte dell’Iraq, lo stato islamico si sta riorganizzando: non controlla più territori importanti ma nelle sue mani soni rimasti villaggi e piccole città. Sono sempre più numerosi i casi di rapimenti e omicidi in Iraq di miliziani dell’Isis che sconfinano dalla Siria. Secondo gli americani sono ancora 30mila gli uomini armati e la loro rete di arruolamento sul web è sempre attiva.

Anche per questo e per ogni altro aspetto possibile, sarebbe stupido ma alla fine non del tutto fuori luogo, chiederci se dovremo morire per il mare di Azov. Nella primavera del 1939 gli europei si erano già domandati se fosse sensato morire per Danzica, l’enclave che i nazisti pretendevano. Poi a settembre Hitler invase l’intera Polonia, e la domanda su Danzica divenne superflua.

 

http://www.ispionline.it/it/slownews-ispi/

 

  • Zradogon |

    “La prova regina? L’allargamento della Nato. Sicuramente un errore tattico quanto la presunzione americana di abbandonare l’accordo sui missili anti-missile e di lavorare al cosi detto scudo spaziale. Ma quando si denuncia l’allargamento a Est della Nato, chi lo fa dimentica sempre di ricordare che lo volevano polacchi e baltici i quali – chissà come mai? – non si fidavano della Russia.”

    NATO expansion was not a tactical, but a strategic mistake or even a crime against peace. The reference to Polish fears is ridiculous, because if the Poles had said that they were afraid of South Africa, would NATO seize all of Africa?

  • carl |

    Cher ami,
    un discorso serio, metodico, mirante a paragonare la/le realtà economica/che tra nazioni alquanto differenti tra loro per quanto riguarda il quotidiano (sia a livello dei singoli e comuni cittadini, che di quelli in qualche associati/organizzati per fini di varia natura, e cioè produttivi, socio-politici, ecc) ed a cominciare dal costo della vita, del lavoro, della/e produzioni, del/dei trasporti, dell’energia, degli affitti, degli immobili, dei consumi e/o altri scambi economici per il tramite della moneta, ecc.ecc. è un discorso troppo serio che non è, mi creda, possibile fare seriamente (e men che meno esaurientemente) in/con un commento di blog. Se poi si volessero, en passant, abbordare/uncinare anche il tutt’ora lancinante problema dei cosiddetti “terms of trade” tra…:o)
    cordialmente

  • habs |

    Signor Carl, se i comparativi di ricchezza dovessero specificare il costo della vita, si potrebbe concludere che una casa in piazza di Spagna a Roma o viale Michelangelo a Firenze vale quanto una casa nelle campagne bulgare o rumene.

    Non conta tanto cio’ che si produce, ma il suo prezzo cioè quanto gli altri valutano cio’ che si produce

  • carl |

    Ben tornato dott.Tramballi..! Ha ragione dicendo che, in merito all’incidente nel Mar d’Azov e stando alle vigenti regole/prassi del “gioco elettoral-democratico”, Putin potrebbe aver ragione… Solo che a me viene invece (o piuttosto) di fare mente più locale.. nel senso che penso a quel che, poco prima della euro-tornata elettorale del prossimo maggio, potrebbero escogitare sponsors, tutors et similia al fine di favorire l’avvento di più gabinetti populisti tra i membri dell’U.E… Un fine (facilitare cioè l’aggiudicazione del potere quà e là nell’UE ai relativi partiti populisti) che non giustificherebbe forse i mezzi…? Persino quelli peggiori e senza scrupoli di sorta, e attribuendone magari l’esecuzione all’ISIS o a qualche altra denominazione del genere…?
    Ma lasciamo stare e, francamente, spero di sbagliare, non ultimo perchè in un’UE popolata di gabinetti populisti potrebbero ritornare i nazionalismi e tutto il resto che ha funestato il secolo scorso.
    Quanto all’ipotesi di un conflitto, o di un attacco improvviso dello Stato ebraico ad obiettivi in Iran.. Beh, e se l’Iran si rivelasse di essere, al limite, in grado di rendere “pan per focaccia”…? Oltre, ovviamente, che di bloccare uno stretto ben più importante di quello d’Azov?
    Infine mi si lasci dire che nel paragonare i PIL di Paesi non omogenei, non si può fare a meno di specificare il relativo (e locale) costo della vita, ecc.

  • habsb |

    Sono allibito nel leggere interventi come quello dei sigg. laissezfaire et Tassinari in un giornale che fino a poco tempo fa si caratterizzava per una leale fedeltà ai nostri alleati americani, che finanziano dal 1945 la difesa dell’ Europa, che hanno fatto si’ col Piano Marshall che l’Italia avesse e ha un’economia un po’ diversa dalla Romania, e che restano fra le grandi potenze militari la sola che garantisce i diritti umani alla propriétà privata e alla libertà di idee e di impresa.

    La Russia di Putin è una catastrofe assoluta: il suo PIL è passato negli ultimi 5 anni dai $2300 miliardi del 2013 a $1527 miliardi meno che la Corea del Sud !!!

    Di fronte alla debâcle economica, non resta che distrarre l’opinione pubblica con una guerra dopo l’altra. Ecco dunque i bombardamenti delle scuole e degli ospedali di Aleppo in Siria, ecco le aggressioni e annessioni ai danni della minuscola Georgia, ecco la preparazione di una grande guerra contro l’Ucraina, dove canalizzare la rabbia di un paese sempre più povero, che ha perso in 5 anni un terzo della sua ricchezza
    .
    Non sta certo all’Europa o al suo protettore americano di difendere l’Ucraina dalla tempesta che li attende : questo sfortunato paese, dopo il genocidio di Holodomor degli anni 30, quando il regime stalinista organizzo’ lo sterminio per fame di 6 milioni di Ucraini (tanti quanti gli Ebrei morti nell’Olocausto), rischia un nuovo genocidio che produrrà un’ inarrestabile emigrazione verso l’ Europa, capace di destabilizzare tutto il nostro sub continente.

    Questo succede quando un dittatore preferisce la distruzione globale all’ammissione del suo inappellabile fallimento

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