2084

fratelloNel mezzo di una notte agitata, ieri mentre dormivo ho sognato di essermi risvegliato nel 2084.

Ero a Washington, il 14 di giugno, giorno dell’Indipendenza. Come tutti gli anni dal 2018 c’era la parata militare sulla Pennsylvania Avenue: dal vecchio Campidoglio al Museo delle Realizzazioni della Nuova Repubblica, nell’edificio un tempo chiamato Casa Bianca. Le autorità e i loro ospiti ammiravano i soldati dalla torre del Trump Hotel, verso la metà del viale. Al piano sotto, in quella che era stata la suite più lussuosa dell’albergo, era esposto il corpo imbalsamato del “Grande Innovatore”.

Era stato lui, Donald Trump, a fare questi cambiamenti pochi anni prima di morire nel 2046, poco dopo aver compiuto 100 anni. Tanta longevità era stata garantita dallo sciroppo che gli scienziati del San Raffaele di Milano avevano creato per Silvio Berlusconi: il premier italiano era deceduto all’età di 120 anni, gli ultimi 40 dei quali alla guida ininterrotta del paese.

Trump aveva eliminato il 4 di luglio, sostituendolo col 14 di giugno, giorno del suo compleanno, istituito come “Independence Day dalle fake news di CNN e NYT”. Fu stabilito di celebrarlo ogni anno con una parata militare. C’erano stati altri cambiamenti. Il presidente era diventato Segretario Generale della Repubblica Liberata. Il popolo lo eleggeva come candidato unico e per ridurre i tempi morti – si continuava a votare di martedì, giorno lavorativo – ai seggi la scheda era precompilata. I membri del governo erano scelti per censo: Wall Street, banche, grandi imprenditori e generali (un’abitudine che il Segretario aveva preso sin dal suo primo mandato, quando ancora si faceva chiamare “Signor Presidente”). Anche la Camera Unica sulla Collina della Verità, già del Campidoglio, era nominata – non eletta – sulla base della professione: 40% oligarchi, 30 amministratori delegati degli oligarchi, 30 militari.

Cambiando la qualifica, il Segretario Generale decise di modificare anche il suo nome: Donald Fiodorovic Trump. Aveva preso il patronimico slavo in onore dell’amico fraterno Vladimir Vladimirovic Putin, anche lui morto a 100 anni. Il suo corpo imbalsamato era stato deposto nel mausoleo sulla piazza Rossa: quello di Lenin lo avevano trasferito negli scantinati dell’Accademia delle Scienze di Mosca, al 14 di Leninsky Prospect. Ma una copia in cera di Putin era stata deposta accanto a quella di Trump, nella suite al 1100 di Penn. Ave. Per ricambiare l’onore, anche il presidente russo aveva leggermente modificato il nome: ora era Gennady “Jack” Borodinov. Quel giorno “G.J” era ad assistere alla parata accanto a Donald Junior III. Un samizdat clandestino chiamato “The Post” sosteneva che il nonno Donald Junior I, figlio di Donald Fiodorovic “Conditor”, aveva fatto arrestare e rinchiudere in un campo di lavoro del Wyoming l’erede originariamente designato, Jared Kushner.

Dall’Atlantico al Pacifico gli Stati Uniti erano protetti da due alti muri. Diversamente dagli antichi propositi del vecchio consigliere Steve Bannon – vittima con Kushner delle purghe del 2050 e come lui scomparso dalle foto ufficiali – le guardie non impedivano ai latinos di entrare ma agli americani di uscire verso Canada o Messico. Il Post li aveva chiamati “nuovi muri di Berlino” ma la gente del Mid West non aveva idea di cosa fosse Berlino.

Stati Uniti e Russia erano diventati APCFG, “Alleati Più Che Fraterni, Gemelli”. Le statistiche sulle armi nucleari ormai sommavano quelle degli uni e degli altri in un unico arsenale condiviso. Ogni città e villaggio d’America era gemellato con una città e un villaggio russo, secondo il programma “Tremendous”, varato da Trump già alla fine della sua prima presidenza nel 2020. La Russia era stata rinominata U.R.O.R., Unione delle Repubbliche Oligarchiche Russe. Anche la Cina si era riformata in questo senso: il presidente era chiamato Ceo, lo standing commitee consiglio dei revisori. Il comitato centrale lo avevano eliminato perché “inutile come le spese di cancelleria”.

Superate le infantili concorrenze geopolitiche d’inizio secolo, Usa, Uror e Cina avevano stretto un patto d’acciaio fondato sull’SSG, lo “Squilibrio Sociale Garantito”: il 92% della ricchezza mondiale era nelle mani dell’1% della popolazione e questo era considerato necessario alla “Stabilità Universale”. A militari e poliziotti era stato modificato il nome in “Middle Class” e percepivano salari molto alti perché preservavano il sistema. Tutti gli altri erano i “Disaster”. Il sostantivo “iniquo” era stato eliminato dall’inglese, dal russo e dal cinese: per reazione simpatica da ogni altro idioma. Qualche anno più tardi la Camera Unica sulla Collina della Verità aveva votato una legge secondo la quale la lingua americana non doveva possedere più di 60 parole.

Il mondo intero aveva avuto “Felici Correzioni”. A Varsavia dopo aver perso tempo a sostenere che i polacchi non erano antisemiti, si era deciso che gli ebrei non esistevano. “Se non ci sono giudei”, aveva sostenuto il ministro delle Razze Laszlo, non senza una logica, “è del tutto evidente che non possa esistere l’antisemitismo, tantomeno che noi si sia antisemiti”. Da allora la Polonia, che dal 1945 era l’unico paese al mondo ad essere antisemita senza avere ebrei, era una nazione felice.

La Francia era diventata umile, i furbetti del cartellino devastavano l’economia tedesca, gli svedesi emigravano in Niger, i croati amavano i serbi che amavano i musulmani bosniaci. I giapponesi avevano bandito il pesce crudo. L’Isis era diventata una Ong. E l’unico paese al mondo dove ancora si votava con più partiti e più candidati – l’Arabia Saudita – faceva il pieno di medaglie in ogni olimpiade invernale. Una cosa non era cambiata. Il premier israeliano, il rabbino Shmuel Shlessinger, emigrato cinque anni prima da Chicago, rivendicava “il diritto divino del popolo ebraico su Erez Israel”. Il giovane Abu Mazen, quinto presidente consecutivo dell’Autorità Palestinese con lo stesso nome, chiedeva “due stati per due popoli in pace e sicurezza”. Il negoziato era fermo da 75 anni.

Poi mi sono svegliato, ricordando che il giorno prima a pranzo avevo mangiato indiano e, sebbene non avessi fame, a cena avevo divorato una bagnacauda. Buon Carnevale.

 

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  • carl |

    Non mi stupirebbe affatto che uno di questi anni si finisse per attribuire il Nobel per la Letteratura a Eric Blair (alias George Orwell) postumamente e honoris causa… Visto e considerato che in effetti sia “1984” che “La fattoria degli animali” tratteggiano magistralmente e metaforicamente una realtà tutt’altro che datata ma, anzi, in probabile graduale ed ubiquo divenire…
    I marchingegni elettronici audio e video sono prodotti in serie sempre più grandi e con dimensioni sempre più ridotte.. In ogni città ce ne sono già milioni e milioni e continuano a crescere per scopi di “security”.. Ne sono stati disseminati persino negli oceani (idrofoni) sia per scopi di studio della fauna ittica che di quella composta dai sottomarini nucleari .. Manca soltanto che vengano inserite d’ufficio “micro electronic devices” anche negli elettrodomestici di largo consumo…Tanto chi se ne accorgerebbe…? Solo qualche specialista che però lavorando nel “ramo” non se lo taglierebbe di certo….: o) ma preferendo rimanerci seduto sopra sarebbe sicuramente propenso ad essere assai comprensivo ed accomodante…

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