Lo strano caso del dottor Trump

us elezioniC’è qualcosa d’incomprensibile nel successo di Donald Trump. Perché anche se il primo martedì del prossimo novembre perderà, il candidato repubblicano detestato perfino da una parte consistente del suo stesso partito, comunque avrà vinto: il solo essere arrivato fin qui per lui è una vittoria. Se gli ultimi sondaggi sono vicini alla realtà, Hillary Clinton diventerà la prima donna presidente degli Stati Uniti. Ma Trump avrebbe comunque fra il 45 e il 40% circa dei consensi: il 45% degli americani che andranno a votare sceglieranno lui!

Questo è ciò che appare incomprensibile: anche il 25% lo sarebbe. Perché così tanto consenso? La debolezza della candidata democratica è un elemento, ma non può bastare per spiegare l’imperante presenza di Trump sulla scena politica americana. Non regge nemmeno la tesi della protesta contro il sistema, perché Donald Trump non è un grillino scelto dal web fra tanti Carneade. E’ figlio del sistema, anche se in campagna elettorale sta raccontando barzellette per presentarsi come il nuovo venuto che sistemerà le cose contro l’apparato di Washington.

Trump non fa parte in senso stretto di quell’apparato ma ne ha goduto le accondiscendenze. Se per 20 anni ha potuto evadere legalmente il fisco è perché il sistema ha fatto leggi per favorire i Trangugia&Divora come lui. La grande crisi finanziaria scoppiata nel 2007 è costata agli americani 5mila miliardi di dollari evaporati in pensioni, in crollo del valore delle loro case, in risparmi e bond. Otto milioni di americani hanno perso il lavoro, sei la casa. Intanto il miliardario Trump era autorizzato a non pagare le tasse. Tutto può essere il candidato repubblicano, ma non un Robin Hood.

Anche se qui in America non c’è canale tv che non raccolga qualsiasi dichiarazione, starnuto e battito di ciglia dei due candidati, la partecipazione al voto è tradizionalmente bassa. Alla fine del lungo processo elettorale, detraendo chi non va alle urne e chi vota per l’altro candidato, il presidente degli Stati Uniti è eletto dal 25% circa degli aventi diritto. Forse perché quest’anno uno dei due candidati è l’impresentabile Donald Trump, è iniziata una campagna per spingere alle urne una parte dei 92 milioni di americani che quattro anni fa non avevano votato. Il loro numero rischia di aumentare esponenzialmente nel 2016: nonostante abbiano capito chi sia Donald Trump, molti detestano Hillary Clinton e dunque pensano che non votare sia etico. Come sostiene invece Michelle Obama, “le elezioni non sono solo su chi vota ma su chi non vota. Se votate per qualcuno diverso da Hillary o se non votate affatto, comunque aiutate ad eleggere l’oppositore di Hillary e il rischio è troppo alto per fare questa scelta, troppo alto”.

Ma tutti i sondaggi precedenti il secondo dibattito di domenica, dicono che se Trump non è mai il favorito, può ancora vincere e comunque non si fa distanziare, qualsiasi cosa di trombonesco dica. E’ come se gli americani non ascoltino la valanga di evidenze che vengono dalle sue straordinarie dichiarazioni: in confronto Matteo Salvini, il Trumpino della Val Padana, è Madre Teresa di Calcutta.

In un articolo sul New York Times Jim Rutemberg ha elencato i giornali che hanno già fatto la dichiarazione di voto. In America l’endorsement è una tradizione accettata, anche se non rispettata da tutti. Nei suoi 159 anni di esistenza The Atlantic ne aveva fatti solo due: per Lincoln e per Lyndon Johnson. Il terzo è per Hillary, soprattutto perché il suo concorrente “è il candidato il più ostentatamente non qualificato in 227 anni di storia presidenziale: potenzialmente un’emergenza nazionale”. Così Vanity Fair: “Con le parole o gli atti, Trump ha promosso la violenza armata, l’intolleranza, la faziosità, l’ignoranza, la bugia e qualsiasi altra cosa che sia sbagliata”.

US Today, di destra, che non ha mai fatto endorsement, ha scelto un disendorsement: cioè non votate per Trump, “inadatto alla presidenza. A clear and present danger”, come scrive anche il Washington Post. Perfino i giornali notoriamente repubblicani e conservatori come Dallas Morning News, Arizona Republic, Cincinnati Enquirer si sono dichiarati contro Trump. Wall Street Journal, per nome e contenuti il giornale delle lobbies finanziarie repubblicane, ha taciuto. Ma una delle sue editorialiste più conservatrici ha definito Trump “inadatto”.

Tutto questo forse spiega solo la perdita di autorevolezza (e di copie) della stampa ufficiale americana e non l’incredibile pervicacia del consenso per Trump. Ma se andate sui siti o vi perdete nel mare magno del citizen journalism, non troverete giudizi migliori. Non resta dunque che inchinarci rispettosamente davanti al grande mistero e alla grande truffa che Donald Trump è stato capace di mettere in piedi.

 

Allego gli ultimi commenti sul confronto fra Russia e Stati Uniti attorno ad Aleppo, usciti in questi giorni sul Sole 24

 

http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2016-10-04/usa-e-russia-ecco-perche-c-e-un-altra-guerra-fredda-231243.shtml?uuid=ADo9I9VB&fromSearch

 

 

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