No, l’Europa non è più antisemita

memoria Pubblico sul blog l’articolo sulla giornata della Memoria, uscito qualche giorno fa sulle pagine del Sole. Segue un commento sullo scontro fra Israele ed Hezbollah.

Molti hanno la tentazione di pensare che il giorno della Memoria sia solo una ricorrenza ebraica. Come lo Yom Kippur: una celebrazione triste di una storia e una religione che riguardano una minoranza, europei per caso o per accidente della storia. Quello di oggi, invece, è un giorno profondamente europeo: vuole ricordare sei milioni di cittadini europei di religione ebraica trucidati scientificamente, con metodi industriali, da altri europei. E con moltissimi altri europei indifferenti testimoni del massacro.

La guerra che settant’anni fa finalmente si concludeva, non ha ucciso solo ebrei. Ha causato la morte di più di 60 milioni di esseri umani, il 3% della popolazione mondiale d’allora. Più della metà europei, di ogni nazionalità. Ma gli ebrei, come i rom, non furono trucidati perché cittadini di uno Stato nemico, perché fascisti, liberali o comunisti. La loro “diversità” era a prescindere. E l’Olocausto non fu che il conato finale di un antisemitismo millenario, frutto della cultura cristiana europea: ortodossa, cattolica, protestante, nessuno può chiamarsi fuori. Per questo oggi è il giorno della memoria di tutti noi europei, passati attraverso le nostre dannazioni per raggiungere finalmente questo grado di civiltà al di sopra dell’antisemitismo.

Le ultime vicende di Parigi hanno rimesso in discussione il compimento di questo viaggio europeo attraverso il suo proprio inferno. In questi giorni di ricorrenza della Shoah è apparso chiaro il sospetto di molti, spesso la convinzione, che l’Europa sia tornata ad essere un luogo dove gli ebrei non sono accettati. Anche prima dell’assalto al supermercato kosher, e non solo in Francia – si sostiene – da qualche anno gli ebrei sono di nuovo obiettivi dell’antisemitismo: il continente sarebbe tornato al suo antico male. Invece non è così, l’Europa non è più antisemita.

Questo non vuol dire che il mostro sia scomparso: come la prostituzione, la droga e la stupidità, l’antisemitismo è un cancro che forse non sarà mai debellato. Ma è dal 1945 che in Europa non c’è un solo governo che abbia mai applicato leggi o comportamenti antisemiti. Nemmeno in Polonia (forse solo in Ungheria è in corso una regressione sulla quale vigilare). Oggi diamo la cosa per scontata ma se guardiamo agli ultimi duemila anni della nostra storia, è un risultato straordinario.

Gli episodi d’intolleranza antisemita sono in forte aumento ma non è antisemitismo come lo abbiamo sempre inteso: è il tentativo forzato di trasferire in Europa un conflitto politico mediorientale. La stragrande maggioranza delle violenze è compiuta da immigrati o cittadini di origine araba e/o musulmana, che confondono gli ebrei con Israele. E’ un fenomeno preoccupante perché anche molti fra coloro che hanno preso le distanze dagli attacchi terroristici, non sono così pronti a condannare le violenze quando le vittime sono gli ebrei, cioè automaticamente gli israeliani, secondo il loro sguardo semplificatore.

A questi nuovi concittadini musulmani, anche loro ormai europei, abbiamo l’obbligo di riconoscere che ormai sono loro, più degli ebrei, le vittime principali dell’intolleranza razziale di matrice tutta europea, di neofascisti e leghisti indigeni. Ma ai musulmani dobbiamo dire con fermezza che la loro nuova patria non può accettare comportamenti che mettano in pericolo la vita dei cittadini europei: sostenitori o meno di Israele, gli ebrei sono cittadini europei. L’ebraismo è un pilastro fondante della nostra civiltà.

In qualche modo assomigliando a quei musulmani che trasformano l’Europa in un campo di battaglia della questione palestinese, anche in Israele e fra alcuni suoi sostenitori si commette il deliberato errore di equiparare politiche non gradite e antisemitismo. L’Unione europea è contraria all’allargamento degli insediamenti israeliani nei Territori occupati quanto l’amministrazione Obama. Diversamente da quest’ultima, tuttavia, noi siamo più coerenti. Alla politica stiamo cercando di legare un’azione: il boicottaggio dei beni israeliani prodotti nelle colonie.

Per molti questa è la prova di una continuità: l’antisemitismo europeo. E’ falso e piuttosto offensivo. Non si tratta di un boicottaggio a Israele, verso il quale riconoscimento, sostegno e buone relazioni non sono mai venute meno. I rapporti politici, economici, tecnologici non hanno mai smesso di essere intensi. Mai l’Europa, criticando Israele, ha messo in discussione la piena legittimità d’Israele.

Ritornando alla giornata della Memoria, liberata dai tentativi di uso politico della ricorrenza, Pagine Ebraiche, la rivista delle Comunità italiane diretta da Guido Vitale, denuncia una pericolosa assuefazione: la gente tende a ricordare sempre di meno. Il tempo, ormai 70 anni, e le testimonianze dirette che fatalmente diminuiscono, non sono giustificazioni sufficienti. Noi europei abbiamo l’obbligo di non dimenticare, di vigilare e di trasmettere la memoria di un orrore e di una redenzione europea.

 

LA FAIDA

hezboNei dettagli è solo una faida senza fine. Sia gli israeliani che Hezbollah, gli uni colpendo gli altri, ogni volta possono dire di aver compiuto una vendetta: la settimana scorsa i primi avevano ucciso un capo hezbollah e un generale iraniano, ieri gli sciiti libanesi hanno colpito due soldati israeliani. Così da mesi, di risposta in risposta, in un conflitto tenuto sempre sotto traccia.

Ma se si alza lo sguardo, alle spalle della faida c’è una regione il cui caos arriva fino alle terre controllate dall’Isis. E davanti a questa mischia, nell’immediato futuro, c’è il pericolo di un nuovo conflitto del quale non possiamo immaginare la potenzialità distruttiva né le conseguenze.

Israele e Hezbollah avevano interrotto la loro guerra nell’estate del 2006, limitandosi a sottoscrivere un fragile cessate il fuoco. La milizia sciita libanese era riuscita a lanciare su Israele migliaia di razzi e gli israeliani avevano raso al suolo l’intero Libano del Sud, provocando seri danni alle strutture del Paese anche più a Nord. Il bilancio delle perdite dell’una e dell’altra parte fu pesantissimo. Ma le conseguenze rimasero circoscritte all’instabilità del Libano e del governo Israeliano che perse consensi interni, in seguito agli errori dello stato maggiore. Le guerre con il Libano non hanno mai portato fortuna ai leader israeliani.

Oggi, nove anni più tardi, la situazione è molto diversa. Non è più solo la faida fra israeliani e Hezbollah, con il resto dello sfortunato Libano che ne paga le spese. Dalla Libia all’Iraq si combattono molte guerre diverse ma con alcuni pericolosi denominatori comuni. Nel Sinai a Sud, sul Golan a Nord e forse ormai anche a Gaza, i qaidisti sono già ai confini d’Israele.

C’è la speranza che israeliani e Hezbollah abbiano interesse a restare dentro i limiti della faida: a Gerusalemme si vota fra un mese; nei Territori occupati i palestinesi stanno conducendo un’Intifada minore ma pericolosa; fino ad ora Israele ha sempre tenuto le distanze dal caos siriano nel quale sarebbe fagocitato da una nuova guerra nel Libano Sud. Hezbollah già combatte in Siria e Iraq: sta consumando uomini e risorse materiali. La sopravvivenza del regime siriano è vitale per gli sciti libanesi, la guerra a Israele per ora no.  Ma gli animi sono eccitati e l’ostilità è profonda.

Negli altri sanguinosi conflitti mediorientali l’Italia si è sempre responsabilmente chiesta se e come partecipare: se inviare una forza di pace in Libia; se limitarsi in Iraq a un aiuto militare e umanitario, senza partecipare ai bombardamenti delle postazioni dell’Isis. In Libano non esistono dubbi di questo genere: abbiamo già sul campo una forza di 1.200 donne e uomini inquadrati nell’Unifil, i caschi blu dell’Onu incaricati di tenere separati israeliani e palestinesi. Anche il comandante dell’intera forza Unifil – meno di 13mila uomini di 36 Paesi, impiegati in varie forme – è un parà italiano, il generale Luciano Portolano. Se israeliani e Hezbollah decidessero di riprendere la loro guerra, nessuna forza potrebbe fermarli.

 

  • GeertWilders4president |

    Gli antisemiti mi fanno schifo. Punto.

  • Fabio |

    “molti fra coloro che hanno preso le distanze dagli attacchi terroristici, non sono così pronti a condannare le violenze quando le vittime sono gli ebrei”… Perché?
    Il primo commento a questo articolo definisce con sufficiente chiarezza quello che bolle in pentola: noi europei/occidentali/cristiani/ariani siamo innocenti a prescindere. Sempre e comunque. L’olocausto? uno scontro di ebrei contro altri ebrei….

    Non so se è più agghiacciante la stupidità di alcuni individui o la nonchalance con cui si sorvola sulla “cultura” dello sterminio che è caratteristica dell’Occidente cristianizzato. Per questo, per la stupidità, per la superficialità, per l’incapacità degli intellettuali di andare a fondo alla questione (che ne pensiamo del dibattito sui Quaderni neri di Heidegger?) l’antisemitismo non è stato affatto sconfitto.Con buona pace dello speranzoso titolo.
    E la prassi sterminatoria che impregna la nostra “civiltà” potrebbe prendere anche forme nuove, posto che gli ebrei hanno/avrebbero/potrebbero avere sia l’accortezza che la possibilità di sfilarsi dallo sterminio prossimo venturo. Altri forse no.

  • diocer |

    L’Europa sarà pure non più antisemita, però il fenomeno dell’aliyah è in aumento. In ultimo vorrei chiedere a qualche blogger dove ha letto le fesserie esposte nel suo blog.

  • R.P. |

    Gentile Ugo Tramballi, la tesi del titolo e´ simile a quella di chi sostiene che una donna non venga fatta oggetto di commenti pesanti (o peggio) quando cammina per strada in modo normale. Vari video visibili su Youtube smentiscono il “pio pensiero”. Provi lei a mettersi una kippa´ (non e´ vietato metterla anche da non ebreo) e a girare in metropolitana per una periferia europea (Londra o Parigi, solo per fare due esempi a caso). Chieda alle famiglie ebree d´Europa 2015 cosa dicono ai propri figli su come vestirsi o comportarsi quando escono di casa. E´ vero, l´antisemitismo militante e´ quasi scomparso (rimangono le macchiette alla Vattimo, comunque numerose in ogni nazione), ma il pregiudizio, l´ostililita´, la diffidenza e, sovente, l´odio verso gli ebrei persistono. In Europa nel 2015! Cordialita´. R.P.Ffm. P.S. Non apro il capito Medio Oriente, dove l´antisemitismo tipo pogrom zaristi e´ vivo e vegeto… 🙁

  • carl |

    Scusandomi, ecco l’ultimo paragrafo del mio commento adeguatamente riveduto e corretto:

    Comunque e più in generale non si può pensare che le cose possano andare nel verso giusto in un mondo sempre più complesso e popoloso e dove alle lacune, agli errori, ai problemi irrisolti ed accumulati.. si somma l’assenza di istruzione, di educazione,di formazione, di cultura, di conoscenza, ecc….!
    E magari una simile bancarotta gestionale potesse svolgersi, essere incanalata,”accompagnata” quasi coi “guanti”.. come da quel che ho letto è stato previsto e stabilito negli USA, almeno quando riguardi soldi ed imprenditorialità (ma anche ad es. una città come il caso di Detroit, se non vado errato..)

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