Egitto: aridatece er baffone

 

EgittoTulle le rivoluzioni hanno dinamiche storiche: richiedono tempo e ricadute, prima di raggiungere il loro approdo. E’ difficile dire oggi a quale punto sia arrivata la Primavera egiziana. Secondo Gehad el-Haddad, portavoce di Libertà e giustizia, il braccio politico della Fratellanza islamica, “siamo all’anno uno della democrazia”.

  E’ possibile ma non certo, due anni e mezzo dopo l’esplosione di piazza Tahrir. Se occorreva, una prova l’ha offerto un interessante media forum italo-egiziano organizzato dall’ambasciata italiana al Cairo, alla quale finalmente il nuovo titolare, Maurizio Massari, ha dato una mano di vernice fresca: nello stretto senso fisico del termine e anche nello spirito. E lo sponsor è stata una banca italiana, Alexbank (Intesa San Paolo ha l'80%). In mezzo alla crisi finanziaria ed economica globale ancora accadono di queste cose.

  C’era quasi tutta la stampa egiziana e, soprattutto, i rappresentanti di quasi tutti gli orientamenti politici: Fratelli musulmani, salafiti, il fronte laico di salvezza nazionale, i liberal-nazionalisti del Wafd, eccetera. E’ utile ricordare che al momento l’Egitto è un Paese fuori legge con se stesso. Un’istituzione alla volta, i giudici hanno azzerato tutto il legislativo per irregolarità costituzionale: il parlamento, il senato e anche la commissione costituzionale che aveva redatto la nuova carta fondamentale, poi ratificata da un referendum. Per conseguenza logica, l’Egitto non ha più una costituzione: quella che dovrebbe stabilire cosa è e non è legale.

  La pesante polarizzazione del Paese, con una
crisi economica devastante alle porte, si è rispecchiata nel dibattito del
media forum. Tutti contro tutti, su tutto: costituzione, concetto di Stato
islamico o laico, elezioni parlamentari che forse si terranno a ottobre o forse
l’anno prossimo, sull’economia e l’aiuto del Fondo monetario internazionale. Al
dibattito ogni egiziano sentiva il bisogno fisico di dire la sua, in polemica
con gli altri. Dopo trent’anni di stagnazione in stile Mubarak, è la scoperta
del dibattito democratico del quale, giustamente, gli egiziani non sono ancora
sazi. Sono diventati un po’ come noi che appena incontriamo uno straniero
abbiamo la necessità di svelare la squadra per la quale tifiamo e le nostre
convinzioni politiche, dando all’interlocutore l’idea che l’Italia sia un
gigantesco Palio di Siena con le sue contrade.

  Quando ho chiesto loro se, mentre litigavano,
non temessero il ritorno del vecchio regime, il no è stato finalmente unanime:
era troppo corrotto, non tornerà mai più. Poi hanno ricominciato a litigare
sulla costituzione, le elezioni, la democrazia.

  Per vecchio regime non intendo Hosni Mubarak
e i suoi familii, ormai pensionati da tutti quelli che lo sostenevano – un
numero cospicuo. Mi riferisco ai militari, ai benpensanti, a quella maggioranza
silenziosa moderata e conservatrice che voleva un cambio ma non questo cambio.
Meno di un anno fa il loro candidato presidenziale, Ahmed Shafik,
sorprendentemente ha perso le elezioni 49 a 51 con il candidato della
fratellanza Mohammed Morsi.

  Ho la sensazione che litigando, tutto il
nuovo islamico e laico uscito da piazza Tahrir, tenda a sottostimare la
richiesta di ordine e sicurezza degli egiziani. Eccetto i fratelli musulmani,
gli altri conoscono poco dell’Egitto fuori dal Cairo e dai suoi magnifici
salotti intellettuali: cioè le caffetterie dove si fuma il narghile. Il
paragone dei capponi di Renzo sarebbe stato difficile da spiegare. Più facile è
stato ricordare l’ultima campagna elettorale del Partito democratico italiano:
certo di vincere, ha ignorato di Silvio Berlusconi. Questo gli amici
egiziani l’hanno capito ma restano convinti che sia solo un caso italiano. Auguri
alla loro Primavera.

P.s. Allego il reportage sul Libano, un genere di giornalismo ormai in estinzione, appena uscito sul sito del Sole-24 Ore.

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-06-05/reportage-libano-orlo-unaltra-184340.shtml

 

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  • ddp |

    in Italia anche quest’anno non c’è stata la primavera

  • carl |

    Che l’Egitto sia privo di una costituzione in fondo lo rende simile al Regno Unito che lo è da sempre..:o) Eppure il Regno Unito è stato sia il genitore che la genitrice della cosiddetta rivoluzione industriale.. Dellla quale i “genitori” sicuramnente non immaginavano che cosa sarebbe diventata da “grande”..:o) Sorrido, ma mi creda ci sono pochi motivi o diciamo ragioni per farlo, allo stato delle cose e delle prospettive.. E ritornando all’Egitto, più che il dotarsi di una costituzione, statuto. “magna carta” o altro, il primo problema, a sommesso parere dello scrivente, è riuscire a garantire la dose mimima quotidiana di lavoro alla sua numerosoa popolazione (80 milioni ca.)..
    Ricorrendo al parametro PIL, gli “esperti” calcolano che per riuscirci l’economia egiziana dovrebbe crescere di circa il 5% annuo.. Il che un’idea la rende.. No?

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