Il karma triste dei Gandhi, dinastia repubblicana

Nehru-gandhi-family Ci sono imperi e repubbliche dinastiche. Di queste ultime, l’India non è l’unica ma è la più importante. E la più democratica: anche se famiglia e sistema democratico sembrano definizioni contraddittorie.

   I Kennedy hanno espresso un solo presidente che ha governato per tre anni. Nell’India contemporanea i Nehru-Gandhi hanno dato tre premier e governato per 37 dei 65 anni d’indipendenza. Dal 1925 il Congress Party è guidato da un membro della famiglia: le poche volte in cui non ce n’è stato uno, la carica restava vacante o era occupata da un fedele il cui unico compito era custodire il mito e il posto della dinastia.

  L’ultimo erede, Rahul Gandhi figlio di Sonia e Rajiv Gandhi, nipote di Indira e pronipote di Jawaharlal Nehru, la settimana scorsa ha partecipato alle elezioni dell’Uttar Pradesh. Giusto per chiarezza, non c’è alcun legame di parentela della dinastia con il Mahatma Gandhi: Indira Nehru sposò solo un omonimo, Feroze Gandhi, che fu schiacciato dalla macchina di potere della famiglia.

  Non era cosa da poco un’elezione nello UP: è il più popoloso dei 22 Stati dell’Unione indiana. Gli abitanti sono 200 milioni e gli elettori 112. Rahul si era impegnato personalmente. E ha perso. Se doveva essere una prova generale delle elezioni politiche fra due anni, per succedere a Manmohan Singh nella carica di primo ministro, è stato un disastro familiare. Nel senso che lo è stato anche per Sonia, sua madre, il leader del Congress.

  Come tutte le volte che accade dal 1947, dalla nascita dell’India moderna, si è scritto “fine della dinastia”. Era accaduto con l’assassinio di Rajiv nel 1991 e, prima ancora, dopo il suo disastro elettorale del 1989;  quando fu uccisa Indira (1984), nelle sue sconfitte alle urne (1967 e 77) e quando morì Jawaharlal Nehru (1964). Morti e sconfitte, poi tutto riprendeva di nuovo. Quella della famiglia è una storia di disastri, tragedie e gloriose resurrezioni politiche. Sarà così anche per il giovane Rahul. Ogni volta che un Nehru-Gandhi muore o perde le elezioni, l’India sente ansiosamente il bisogno di amare un nuovo candidato della famiglia. Poi, con la medesima nevrosi, appena lo ottiene, incomincia a smontare il suo stesso mito.

  Il caso di Sonia è emblematico. Gli indiani che la amano la chiamano “figlia della Madre India”; quelli che la odiano “italiana”, cioè straniera. In buona parte sono gli stessi indiani presi in stagioni diverse. Ora sembra essere una di quelle fasi negative e di Sonia prevale l’italianità. Non è una buona notizia per la vicenda dei nostri due marò nel Kerala.

  Raccontata così, quella dei Nehru-Gandhi sembra una storia di autoritarismo e sete di potere. Il potere c’è, è evidente. Ma in India è sempre stato ingentilito dalla democrazia e la brama della famiglia da uno spiccato senso del servizio per la cosa pubblica. A partire da Motilal Nehru, il fondatore della dinastia politica, padre di Jawaharlal. L’unica volta che Indira fece uso di strumenti autoritari, se ne pentì e l’India la punì duramente.

  Poi c’è il karma. I Nehru-Gandhi non sono solo conquista di potere. Sono anche disperato tentativo di fuga dal potere. Rajiv non lo cercava, il delfino designato era Sanjai, il fratello minore. Sanjai morì in un incidente aereo e Rajiv fu costretto a prenderne il posto: a seguire il suo karma, il destino segnato contro la sua volontà, che divenne ancora più intransigente quando fu uccisa anche la madre Indira. Poi fu assassinato Rajiv e toccò a Sonia: due giorni dopo  la morte del marito, il partito le chiese di prenderne il posto. Resistette sei anni, prima di seguire lo stesso karma. Guida del partito ma non del governo: nel 2004 quando ha vinto le elezioni, ha rinunciato, cedendo il posto a Manmohan Singh. Ora tocca a Rahul vincere e perdere, farsi amare e detestare. Un altro eroe triste della dinastia.

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  • carl |

    Non essendo chi scrive un “analista” professionale, profumatamente pagato in talleri ed in appoggi politici, carrieristici et similia e, magari, pure membro di questo o quella cerchia e/o “think tank” che influisce sull’andazzo del tempo o che, almeno, tenderebbe ad influire..Magari anche spandendo a piene mani nelle nubi ioduro d’argento.. Ebbene non essendo un personaggio del genere potrei anche superficialmente chiedermi (e chiedere) se un subcontinente con un popolazione di 1300 miliardi circa di abitanti, suddivisi in numerosi stati “interni”, nei quali si parlano 400 idiomi diversi.. Enbè, in una realtà del genere e di questa scala, il demoteatrino nostrano, europeo (od occidentale tout court) deve per forza di cose divenire un “teatrone” e perfino assomigliare a questa o a quella saga indù.. o assumerne una qualche parvenza.. Ma, forse, sbaglio e forse stavolta sono stato superficiale, anzichè approfondire.. Ma chi me lo fa fare, con l’aria mercantile e il tutt’altro che sorprendente tasso di corruzione esistente ovunque nel mondo..??

  • matteo |

    grazie per l’ informazione riguardo
    l’ omonimia di Gandhi , non lo sapevo.e
    impressionante la sequenza di omicidi e attentati non pensavo che l ‘India fosse un paese con una così forte storia di violenza politica

  • doretta davanzo poli |

    che storia avvincente: gloriosa e triste! Io mi ricordo quando Sonia sposò Rajiv, perchè alcuni parenti,nel Trevigiano,la conoscevano bene (non so perchè) e mi sembrava una favola!
    Non mi era venuto in mente, in questi giorni, che l’episodio tragico dei Marò potesse addirittura danneggiarla.
    Grazie Ugo Tramballi, per la visione sempre lucida e informata, anche su avvenimenti così lontani

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