L’uomo che verrà fatto re

2213456307_1e28a2637cE’ raro che un principe ereditario muoia a 87 o 83 anni. Non in Arabia Saudita dove è comune diventare re dopo i 70. Piegato da una malattia che lo perseguitava dal 2004, è morto Sultan bin Abdul Aziz al Saud, ministro della Difesa, riformatore tollerante e amico degli Stati Uniti. Non è sopravvissuto al fratellastro Abdullah quasi coetaneo, al quale avrebbe dovuto succedere.

   La triste notizia non dovrebbe avere conseguenze. Invece sta mettendo in fibrillazione il Medio Oriente, preoccupa il mercato petrolifero e quello finanziario. Stiamo parlando di vicende dinastiche che riguardano la più grande riserva energetica mondiale e la cassaforte del Medio Oriente.

  La ragione di tanto rumore è che la morte di Sultan svela il vuoto di certezze sulla successione a re Abdullah che dovrebbe avere 87 anni: per i re sauditi la data di nascita non è un fatto certo. Forse Abdullah ha la stessa età di Sultan (i due infatti erano fratellastri, figli di due madri diverse) e sicuramente gli stessi problemi di salute.

  La regola saudita è quella imposta da Abdul Aziz, il fondatore del regno. Dopo di lui sarebbe diventato monarca il figlio maschio più anziano. La scelta più semplice se di mogli Abdul Aziz non  ne avesse avute almeno 22 e dei 66 figli che hanno partorito, 37 non fossero nati maschi.  L’ottuagenario Sultan, appena deceduto, era il quindicesimo per anzianità. Considerando quelli già morti di vecchiaia, ci sono ancora una decina di anziani principi in attesa di farsi re, prima che si passi alla generazione dei nipoti. A rigor di età il nuovo principe ereditario dovrebbe essere Nayef, forse 78 anni, ministro degli Interni, ritenuto molto vicino al wahabismo più conservatore. Re Abdullah non gli aveva mai garantito la successione dopo Sultan ma lo aveva nominato vice premier: una carica che è sempre stata l’anticamera dell’ereditarietà dinastica.

   Anche lui un modernizzatore – naturalmente per i canoni sauditi che non sono esattamente i nostri – Abdullah ha tuttavia cambiato le regole di successione. Constatando che se si rimaneva alla generazione dei figli di Abdul Aziz l’Arabia Saudita sarebbe stata condannata a qualche decennio di monarchi ottuagenari, il re ha costituito un Consiglio per la successione. Il suo compito è scegliere fra i 7mila principi della famiglia reale – presumibilmente nella generazione fra i 50 e i 60 anni – il più adatto ad essere re quando verrà il momento. Il problema è che il momento non è stato definito: dopo Sultan che era già stato scelto come principe ereditario, o dopo Nayef che non ha nomine se non sottintese, ma è molto potente? La morte di Sultan anticipa ad adesso la necessità di stabilire quando si metterà al lavoro il Consiglio per la successione. Diventano di pressante attualità anche i criteri piuttosto vaghi che definiscono chi sia il più adatto a guidare un regno multimiliardario nella più instabile delle regioni al mondo.  Il nuovo meccanismo di successione che non è stato mai provato prima, sarà determinato soprattutto dalla lotta di potere nella pletorica famiglia reale. Ogni figlio di Abdul Aziz ha generato figli i quali hanno fatto nipoti alcuni dei quali già più che quarantenni, re potenziali: Abdullah ha 30 mogli e 37 figli, l’ultimo dei quali di 8 anni. E ognuno ambisce alla corona: se non più per se stesso, almeno per un figlio.

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  • dante |

    Come sempre, interessante il commento di Tramballi.
    Una sola precisazione : l’Arabia saudita non e’ la cassaforte del medioriente. E’ invece la cassaforte degli Stati Uniti.
    Si parla, con enfasi retorica , di primavere arabe, di lotta per la democrazie , di lotta al terrorismo
    islamico ed all’oscurantismo.
    Ma l’Arabia Saudita non viene mai
    messa in discussione.
    Eppure , 17 dei 19 tagliagole dell’11 settembre erano suditi, in Arabia Saudita tagliano ancora le mani ai ladri e le espongono , le donne contano meno dei
    dromedari, fiumi di soldi arrivano a
    tutti gli sgozzatori islamisti, ma,
    dell’arabia saudita non sta bene parlare. E questo va bene anche per
    ilpresidente Obama, improbabile
    premio Nobel preventivo.

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